Le tante facce di una moltiplicazione, da quella scientifica basata sulla produzione di nuovi individui attraverso altri preesistenti alla grande influenza che un individuo può esercitare su un altro, plasmandone le convinzioni sociali, politiche, la sua stessa cultura. Nella mostra curata da Mariano Ipri, Giuseppe Ruffo e Pietro Pietro Tatafiore, Jaeyong Choi racconta la sua idea di moltiplicazione. Interpreta la trama relazionale e comunicativa umana attraverso l’uso di piccole fasce serracavo, i sottili lacci di plastica che generalmente tengono uniti il cartellino del prezzo e il suo prodotto, a sottolineare la natura eterogenea di ciò che lega due elementi, e il conseguente messaggio che alle volte finisce per fuorviare: nel caso dei prodotti e dei loro prezzi sono proprio questi ultimi a stabilire i valori dei primi, in piena ottica materialista, inducendo spesso a non individuare il reale valore di una cosa. Un’interrogazione a tutto tondo sulla comunicazione e sui suoi fraintendimenti, sulla fecondità di certe relazioni che sempre più spesso si moltiplicano, dando spazio ad altri collegamenti ancora, e soprattutto sulle tensioni che da questi collegamenti possono nascere. Le fasce utilizzate dall’artista coreano sono strettamente intrecciate tra di loro eppure danno l’idea che la loro espansione potrebbe portare ad uno strappo, comunicando una sensazione di incertezza, di precarietà. Ed è in questo momento che subentra l’idea di Choi, una società fatta di gruppi vicini e interconnessi ma che a loro volta sono formati da individui a se stanti, indipendenti, proprio come le stelle della via lattea a cui fa riferimento il titolo dell’opera Milchstrasse – la via lattea.