Biennale, contaminazioni

Venezia

Il weekend sella Serenissima inizia in compagnia di decine di appuntamenti. A partire da un accattivante brunch organizzato dal padiglione della Costa d’Avorio. Con Tracce e segni presenta in Biennale la sua prima partecipazione ufficiale. Le opere esposte raccontano la vita interpretata da quattro artisti: Frédéric Bruly Bouabré, Tamsir Dia, Franck Fanny e Jems Robert Koko Bi. Quest’ultimo è una figura nascente dell’arte contemporanea ivoriana, grande maestro nell’intaglio, sceglie come sua materia il legno bruciato con cui ha realizzato lavori figurativi astratti e concettuali legati alle problematiche della lotta per il potere, da un lato, e della fuga dei cervelli dall’altro. Who is Alice? è la mostra a cura di Chu – young Lee organizzata del National museum of contemporary art della Korea. Ispirata al romanzo di Lewis Caroll ha le sembianze di un’esperienza onirica dove gli artisti presentano piccoli mondi irreali e di pura fantasia.

Venezia è veramente unica perché con qualche fermata di traghetto si attraversa il mondo intero, infatti eccoci in Arabia Saudita con Rhizoma, generation in waitin. Un evento collaterale che ci apre la realtà di un paese pronto alla contemporaneità grazie alla nuova generazione di artisti, il tutto curato da Sara Raza e dal poeta e artista palestinese Ashraf Fayadh. Il titolo ha un diretto riferimento alla parola rizoma, che proviene dal greco antico e indica una radice sotterranea di una pianta che sviluppa le sue radici sia orizzontalmente sia verticalmente, come la stessa nuova cultura saudita pronta a sfidare la forza di gravità. Il padiglione dell’Asia centrale con Winter espone artisti del Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Il titolo e il concept fanno riferimento a una poesia del poeta e pensatore kazako del IXX secolo Abay Qunanbayuli, le cui riflessioni sulla giustizia sociale hanno consegnato all’intera regione una profonda eredità intellettuale. I curatori, tra i più giovani delle storia della Biennale, Ayatgali Tuleubek del 1985 e Tiago Bon del 1986, sono entrambi artisti residenti a Oslo e selezionati da un comitato internazionale di esperti a seguito di un open call lanciato dal partner dell’evento Hivos, humanist istitute for development cooperation.

«Nel nostro progetto – dicono i due curatori – abbiamo ricontestualizzato questa poesia nell’attuale Asia centrale, utilizzando la chiave metaforica per affrontare la reale situazione odierna. Il nostro obbiettivo è quello di allargare il dibattito socio politico nella regione suscitando domande piuttosto che affermazioni». Welcome to Iraq, presenta una sezione di lavori di undici artisti che vivono e lavorano nel paese. L’attenzione si concentra sulla natura della vita di ogni giorno come viene ora vissuta in Iraq. Lo spazio espositivo, si trasforma in un vero e proprio salotto dove i visitatori possono sedersi, leggere, confrontarsi e conoscere la vera cultura irachena troppo caricata da giudizi infondati. Il padiglione delle Maldive si occupa di temi molto importanti che toccano l’ambiente e il surriscaldamento del pianeta. Un flagello che coinvolge la stessa Venezia: l’aumento incontrollato, e al momento incontrollabile, del livello del mare. L’esposizione si divide in due sezioni: The ice monolith, l’installazione lungo la riva Ca di Dio, un blocco di ghiaccio delle Alpi che si scioglie al sole e una mostra che ruota attorno alla tematica del clima. Grida di allarme che devono essere ascoltate e domande senza risposta da cancellare con soluzioni immediate e decise.

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