Metamorfosi animale

Lo scopo è più alto. L’approdo, la destinazione finale è il cambiamento. Aprire una mostra è lanciare una pietra per turbare la calma piatta del quotidiano, è spalancare una porta su una nuova visione del reale. La meta è entrare negli occhi dello spettatore e del passante distratto, disturbarli e convincerli che un mondo fondato sull’arte parte da uno sguardo attento. Ha aperto la mostra curata da Martina Adami, Carne d’ossa di Giampaolo Addari. Le opere si offrono al visitatore nell’angusto spazio della galleria Minima di via del Pellegrino. Mai luogo fu più appropriato.

Oli su tela si lasciano guardare dalle vetrate trasparenti che chiudono lo spazio quadrato dell’ambiente. I lavori sono in vetrina come i più bei diamanti di una gioielleria, chiare, le opere, non si nascondono dietro pareti di intonaco bianco ma si offrono a chiunque che per errore o per scelta si ritrovi nella via. I quadri attaccati ai muri non fanno una scelta ma si lasciano scegliere, la responsabilità diventa del passante: fare come chi guarda e passa o rimanere anche solo qualche istante di fronte alla galleria. Il gioco vale la candela e una manciata di secondi in più regalano una nuova porta sul mondo.

Ritratti, di questo parliamo. Volti definiti e paradossalmente completati da una maschera. A ogni viso viene giustapposta una parte di osso animale che invece di coprire e nascondere rivela e scopre. Il punto è facile e geniale, è impossibile definire una personalità a prescindere dalla sua natura selvaggia. Così gli scheletri si trasformano in simboli che guidano lo spettatore alla comprensione del ritratto. Soldato per fare un’esempio, è un uomo dallo sguardo pacifico ma che un bacino d’osso rigirato sulla testa a mo di elmo lo trasforma in un guerriero. Un bambino ha davanti al viso uno scheletro di un bacino a memoria di sua madre, delle sue origini e di tutto ciò che si porterà dietro per il resto della vita. Guardare la mostra di Addari è camminare su filo fra l’essere umano e la bestia, è mettere in dubbio che la metamorfosi che tanto ci distingue dagli animali non sia poi così tanto distante dal suo punto di partenza.

Lo dicevamo prima, lo scopo è più alto, la meta, l’approdo, non sono 6 quadri attaccati a una parete.

Fino al 30 marzo; galleria Minima, via del Pellegrino 18, Roma