Il palazzo enciclopedico

Venezia

Non è una mostra, ma una ricerca. Non è una mostra, ma un museo. Non è una mostra, ma un percorso antropologico. In molti modi si è spiegato, descritto e commentato, il progetto ideato da Massimiliano Gioni per la Biennale d’arte di Venezia. Il palazzo enciclopedico – così chiamato dal sogno utopistico di Marino Auriti che nel 1955 depositò all’ufficio brevetti statunitense l’idea di un museo che avrebbe dovuto ospitare tutto lo scibile umano, dalla ruota al satellite – fa rivivere la suggestione del luogo depositario della conoscenza in chiave artistica per il nuovo appuntamento in laguna. Un’idea presentata con entusiasmo e grandi aspettative, anche se non sono pochi i dubbi sulla riuscita di un evento di questo tipo. Ma andiamo con ordine. La presentazione, in programma alla Biblioteca nazionale di Roma, in una sala gremita di giornalisti e addetti ai lavori, si è svolta secondo copione: i saluti del direttore della Nazionale Osvaldo Avallone, l’intervento del presidente della Biennale Paolo Baratta, seguito da quello di Gioni. Unico fuori programma – quasi come uno studiato intermezzo tra un intervento e l’altro – l’exploit del sedicente artista Pino Boresta che dal fondo della sala conferenze, in una esibizione degna del miglior Sanremo, ha urlato: «Io vivrò nonostante te, Gioni» per cinque lunghissimi minuti, nel silenzio generale. Poi si è continuato a parlare di Biennale.

«Nel corso di questi anni – ha spiegato Baratta – si sono sviluppate due distinte tendenze. Da una parte è cresciuto il desiderio dei nostri curatori di mettere gli artisti in prospettiva storica o di affinità reciproca, evidenziando legami e relazioni sia col passato, sia con altri artisti del presente, alla ricerca di spessore e profondità di analisi. Nello stesso tempo, è cresciuta l’attenzione per la relazione tra l’opera e lo spettatore che alla fine ricerca nell’arte l’emozione del dialogo con l’opera, che deve provocare quell’ansia ermeneutica, quel desiderio di andare oltre. In questa direzione – prosegue Baratta – con Il palazzo enciclopedico si compie un passo decisivo. Gioni più che portarci un elenco di artisti contemporanei, vuole riflettere sulle loro spinte creative e sembra portare ancora più avanti il quesito: ma qual è il mondo degli artisti? L’interesse prospettico arriva al punto da ricercare relazioni con mondi diversi, per cui sono rappresentate opere di artisti contemporanei, ma anche opere del passato, riferimenti diversi, lavori che non hanno la pretesa di opere d’arte, ma che fanno parte degli stimoli a immaginare e sognare oltre la realtà, un’altra realtà. Oggi, sembra dire Gioni, è la realtà ordinaria a offrire su una tavola imbandita una pletora di immagini e visioni per l’uso quotidiano, e che tutte ci colpiscono senza possibilità di sfuggirle e che l’artista dovrebbe traghettare oltre la sua creatività restando indenne».

Gioni inizia la presentazione dei suoi ospiti con una carrellata di 60 immagini, ma «le sorprese saranno tante», precisa prima di continuare a far scorrere il power point sul maxischermo. Il palazzo enciclopedico formerà un percorso espositivo che dal Padiglione centrale (Giardini) arriverà all’Arsenale, con opere che spaziano dall’inizio del secolo scorso a oggi, e con molte nuove produzioni, includendo più di 150 artisti provenienti da 37 nazioni. La mostra, come detto, è ispirata all’utopistica idea creativa di Auriti che nel 1955 progettò un edificio di 136 piani che avrebbe dovuto raggiungere i 700 metri di altezza e occupare più di 16 isolati della città di Washington. «L’impresa rimase incompiuta – racconta Gioni – ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell’arte e dell’umanità e accomuna personaggi eccentrici come Auriti a molti artisti, scrittori, scienziati e profeti che hanno cercato – spesso invano – di costruire un’immagine del mondo capace di sintetizzarne l’infinita varietà e ricchezza. Oggi, alle prese con il diluvio dell’informazione, questi tentativi di strutturare la conoscenza in sistemi omnicomprensivi ci appaiono ancora più necessari e ancor più disperati. Sfumando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider, l’esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandosi in particolare sulle funzioni dell’immaginazione e sul dominio dell’immaginario. .Il palazzo enciclopedico è una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell’immaginazione. Nei vasti spazi dell’Arsenale l’esposizione è organizzata seguendo lo schema tipico delle wunderkammer cinquecentesche e seicentesche. In questi musei delle origini – non dissimili dal palazzo sognato da Auriti – curiosità e meraviglia si mescolavano per comporre nuove immagini del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche. Questa scienza combinatoria, basata sull’organizzazione di oggetti e immagini eterogenee – non è poi dissimile dalla cultura dell’iperconnettività contemporanea», spiega Gioni. Così, la mostra non presenta solo opere d’arte ma anche film, fotografie, video, bestiari, labirinti, tavole enciclopediche, progetti, performance e installazioni. Nel mondo creato da Gioni e dal suo team c’è quindi di tutto; in particolare salta agli occhi una nutrita selezione di artisti poco noti, fuori dal mercato, scomparsi e ora riportati alla ribalta. Ma anche nomi storici come Marisa Merz ed Enrico Baj o Cindy Sherman nelle vesti di curatrice, e nuove promesse del contemporaneo italiano come Yuri Ancarani, già vincitore del Talent prize 2012. E poi appuntamenti d’arte, come i dibattiti affidati all’attore Marco Paolini. Un melting pot per alcuni affascinante, per altri indigeribile e caotico. Peggio ancora, noioso. Un rischio che il Palazzo enciclopedico, museo in progress della contemporaneità, è pronto a correre. Il palazzo enciclopedico, dal primo giugno al 24 novembre, Giardini e Arsenale, Venezia. Info: www.labiennale.org

 

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