“Anche le donne bucano i quadri” scriveva un giornalista sul Corriere Lombardo nel 1959, rivolgendosi alle opere di Dadamaino, opere che da quasi un decennio sperimentavano i temi cari alle avanguardie milanesi in un clima dove il pubblico dell’arte – nuovamente sensibilizzato a un dialogo culturale con la città di Milano grazie alle mostre curate da Roberto Longhi a palazzo Reale – distribuiva consensi solamente ai grandi temi artistici ma ancora contrastava le nascenti sperimentazioni che venivano accettate con molta più diffidenza. In questo clima si forma l’artista Edoarda Maino, ora riproposta al pubblico milanese fino al 10 novembre negli spazi della galleria Monopoli con la mostra Lo spazio, il movimento curata da Andrea Fiore.
L’insieme espositivo si propone come un’estrema sintesi dell’intera produzione dell’artista, dalla fine degli anni Cinquanta alle sue ultime opere, tramite un percorso scandito dalla presenza di lavori che coprono un ampio arco temporale: si parte dai Volumi di fine degli anni cinquanta, fino ad arrivare ai Movimenti delle cose degli anni novanta, con fine ultimo di proporre allo spettatore tutti quegli elementi che sono fondamentali alla comprensione della ricerca artistica di Dadamaino. Edoarda Maino (Milano 1930 – 2004) è stata una figura decisiva per la lettura dell’ambiente artistico italiano, un’importante interprete di quel fermento culturale che diede il via alla costituzione delle nuove avanguardie. Negli ultimi anni cinquanta, grazie all’indispensabile contributo dello spazialismo di Lucio Fontana, ricerca il superamento della pittura attraverso i suoi Volumi; successivamente incentra le sue opere su profonde riflessioni scientifiche e sull’ordine matematico delle cose, processo che si riscontra in disegni ottici e dinamici ma anche nelle modulazioni cromatiche come in Rilievo del 1969 o in Ricerca del colore realizzato tra il 1972 e il 1973.
Lo studio dei materiali lascia il passo a un’indagine antropologica della comunicazione, grazie all’invenzione di un codice espressivo regolato da leggi universali: la poetica di Dadamaino passa dall’abbattimento della superficie materica, alla costruzione di un nuovo linguaggio. Nasce in questo modo Inconscio razionale del 1976 o ancora l’Alfabeto della mente degli anni ottanta. Dadamaino si esprime attraverso la serialità del segno senza abbandonare la manualità che rende il suo metodico lavoro un’espressiva testimonianza dell’intimo sodalizio tra artista e medium artistico, il linguaggio dei simboli diventa gradualmente più semplice fino a trasformarsi in percezione di movimento come nel più recente Movimento delle cose o in Sein und zeit del 1989.
fino al 10 novembre
Galleria Monopoli, via Ventura 6, Milano
info: www.galleriamonopoli.com