Da molti anni mancava in Italia una grande mostra dedicata a Graham Sutherland. Considerato, al pari dell’amico-rivale Francis Bacon, uno dei capiscuola della pittura britannica contemporanea, molto amato dai più importanti critici della seconda metà del Novecento, Sutherland viene riportato all’attenzione del pubblico e della critica attraverso un’attenta selezione di opere, provenienti da collezioni riservate e in parte mai esposte, che documentano il suo percorso d’artista. Nei saloni della Villa dei capolavori, sede della Fondazione presieduta da Giancarlo Forestieri, accanto alle celebri opere di Dürer, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Goya, Monet, Renoir e molti altri i lavori di Sutherland trovano così un profilo identitario nella tradizione figurativa europea. Una frase di Ruskin si presta per sostanziare il suo lavoro: «Indagare la natura, studiarne le leggi di crescita, trarne visioni provenienti dal centro dell’ardente cuore», quindi evidenziare come l’esteriorità della natura venga ricreata per esprimere l’interiorità dell’uomo, con un approccio visivo che si fa visionario nel seguire il pullulare della fantasia e dell’anima.