Ghinelli, La colpa

La copertina più brutta di tutta la cinquina finale dello Strega. Su questo non ci sono dubbi. Impareggiabile e forse simile a certe copertine thriller anni ’90. Ma questo non è un thriller, noi non siamo negli anni ’90 e Lorenza Ghinelli non è Patricia Cornwell, altrimenti il suo nome sarebbe più grande del titolo del romanzo e non è così. Torna dopo Il divoratore (a detta della Newton compton, sua casa editrice, caso letterario del 2011) Lorenza Ghinelli piazzando il suo ultimo lavoro alla finale dello Strega. “Un romanzo che va oltre il genere” recita la quarta di copertina. Se qualcuno capisce di cosa stiamo parlando è bravo.

«Il mio romanzo non parla di dolore, ma cerca una strada per superarlo – dice l’autrice intervistata nel ninfeo di villa Giulia –  è un romanzo sul riscatto». La trama è semplice e lineare: tre bambini con grandi traumi infantili alle spalle che condizionano il loro stare nel mondo. Due sono i periodi temporali che dividono il testo. Il primo, l’infanzia epoca del trauma; il secondo, l’adolescenza, dove i tre ragazzi si trovano uniti a combattere un male simile, anche se proveniente da radici diverse. Banalmente, un romanzo di formazione. La Ghinelli affronta la tematica del dolore attraverso uno stile matematico, esatto, che sa di calcolo. La prosa è, infatti, compatta e omogenea: uno schema che si ripete per tutte le pagine. Sembra un gioco di incastri fra le parole, un labor limae d’altri tempi. Tutto questo definisce un romanzo che non è spontaneo e, nonostante siano presenti non pochi tentativi lirici, è lontano dalla naturalezza con la quale un narratore mette in fila quattro parole.

Detto questo, la scrittrice ha una dote rara: abbassa il registro violentemente, come un tuffo nel nulla, e con la stessa classe lo rialza, come salvato da un paracadute, a un passo dal fondo. Con grande naturalezza piazza frasi come “muovi quel culo” dopo aver liricamente descritto un paesaggio, merda di uccello, sul corpo nudo del protagonista, dopo l’amplesso fra i boschi, con la ragazza che più desiderava. Questi contrasti sono le parti più felici dello scritto, quelle righe che lette ti fanno chiudere il libro e pensare: per oggi basta così.

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