Quelle bambole dal Giappone

Karakuri è il nome delle bambole meccaniche che vengono costruite in Giappone sin dal XVII secolo, in pieno periodo Edo. Realizzate interamente in legno, ingranaggi inclusi, e attivate da mercurio, molle, sabbia mobile o acqua pompata, questi meravigliosi meccanismi erano in grado di danzare, servire il tè o scoccare frecce.

Passati quattrocento anni, le bambole karakuri rimangono pressoché sconosciute in Occidente e la mostra che, fino al 18 dicembre, si tiene nella due sedi espositive torinesi di palazzo Barolo e del Mao, intende colmare questa lacuna, permettendo agli spettatori di entrare in contatto con l’ennesimo affascinante aspetto di una cultura sorprendentemente variegata quanto quella giapponese. mOltre ai numerosi e variopinti esemplari di ciascuna delle tre tipologie di bambole meccaniche, creati o restaurati dal maestro Tamay Shobei IX – quelle teatrali, caratterizzate da movimenti lenti e naturali, che prendevano parte a spettacoli pubblici che rivaleggiavano con il teatro kabuki; le karakuri da camera, più complesse e utilizzate come giochi; e le dashi karakuri utilizzate nelle feste religiose per riproporre leggende e miti – la mostra, curata dalla scuola di culture e discipline orientali Yoshin Ryu, affronta anche la loro evoluzione contemporanea, attraverso una sezione dedicata ai risultati della moderna robotica che trova negli scienziati giapponesi i suoi sviluppatori più appassionati.

In esposizione è presente il giallissimo Wakamaru, un robot alto quanto un bambino, realizzato nel 2001 dal designer Kita Toshiyuki, una delle ultime interpretazione della pluricentenaria tradizione delle bambole meccaniche.

Fino al 18 dicembre
Palazzo Barolo
via della Corte d’Appello 20/C, Torino
Info: www.bambolegiappone.it