Le angosce di Modigliani

Parlano dell’uomo e delle sue angosce i ritratti di Amedeo Modigliani, che il Museo d’arte moderna Vittoria Colonna di Pescara ospiterà dal 6 agosto al 20 novembre, con una mostra dal titolo Amedeo Modigliani e il suo tempo, organizzata dal comune di Pescara e da Rizziero arte. In esposizione dipinti, ritratti e una scultura del maestro livornese, tutti incentrati sull’analisi della figura umana, tema unico e filo conduttore del lavoro di Modigliani: sono pochi i paesaggi che egli rappresenta e che appartengono alla sua giovinezza, come Paesaggio del 1902.

L’artista, infatti, intende puntare l’attenzione sulle passioni umane, e sui volti che queste passioni esprimono (o nascondono?): le sue figure sono a tratti enigmatiche, dotate di una particolare fissità, un’ambiguità rappresentata dagli occhi a fessura che spesso troneggiano sui volti, dalle linee lunghe e flessuose.

Il disegno, con la sua essenzialità e leggerezza, è una presenza mai secondaria nell’opera di Modigliani, che scriveva nel 1902: “L’arte del disegno non deve perire, la sua fine significherebbe la fine dell’arte stessa”. La mancanza di colore, che per sottrazione aggiunge forza e tensione ai disegni, è la cifra distintiva della sua produzione, come si osserva in Testa scultorea (1910-11), dedicata al fratello Umberto. Questo disegno evidenzia la ricerca assidua per rappresentare la forza primitiva, attraverso forme stilizzate che denotano una vicinanza allo stile della Grecia arcaica. A questo stesso periodo risalgono anche le sculture dell’artista, alle quali egli si dedica per ridurre all’essenziale gli effetti cromatici. Ben presto, però, a causa della salute cagionevole, Modigliani – che ha sofferto di tubercolosi fin da adolescente – è costretto a interrompere l’attività scultorea, per intensificare quella del disegno e quella pittorica.

Il disegno per l’artista non è una premessa alla pittura, ma un’arte a sé stante, dove la figura umana vive in un mondo ideale e immutato. Comune a tutte le figure è la flessuosità delle linee, il colore puro che accompagna zone neutre, e gli occhi – quelle zone vacue che attraggono la luce del foglio – la bocca, il naso e le orecchie riassunti in forme geometriche. Solo in apparenza inerti, le figure esprimono un’infinita malinconia, la stessa che Modigliani stesso provava e vedeva intorno a sé. Nei corpi c’è sempre la ricerca dello stesso tipo di linea dei volti, come testimonia Ermafrodito (1910-11), con le sue linee allungate e la sua semplicità nelle forme. Anche nella serie di nudi, che per Modigliani sono l’essenza espressiva dell’immagine, si trova la stessa composizione formale: il Nudo di donna a mani giunte (1917-18), attraverso il suo profilo sinuoso, racconta con passionalità la storia di questa figura femminile senza tempo. L’artista ha chiuso la sua tragica esistenza nel 1920, a trentacinque anni. Poco prima di morire, ha realizzato un dipinto, il Ritratto di Lunia Czechowska, dietro al quale ha scritto: “La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno”.

Fino al 20 novembre
Museo d’arte moderna Vittoria Colonna
via Gramsci 1, Pescara