Un'estate al Macro

Con stampa e critica in trepidante attesa dell’ormai solo formale passaggio di consegne tra Luca Massimo Barbero e Bartolomeo Pietromarchi, già direttore artistico della Fondazione Adriano Olivetti e curatore d’importanti mostre nazionali, la stagione estiva del Macro di Roma si apre il 25 giugno in un crogiolo di nuvolose dune futuristiche. Mai titolo di una mostra fu più attinente al contesto. Così “Cloudy dunes. When Friedman meets Bucky on an airport city“, il progetto speciale che l’artista argentino Tomas Saraceno ha concepito per la grande sala Enel, rischia di diventare un vero e proprio punto di riferimento per una “nube” di critici e artisti in contestazione e in libera dislocazione negli oltre 500 dodecaedri costituiti da 18 km di tubi per cavi elettrici e immagini video del Lencois Maranhenses park, suggestivo scenario nel nord del Brasile. La prima “occupazione” di protesta del museo romano, coordinata dal gruppo Occupiamoci di contemporaneo, è prevista per il 25 giugno: con buone probabilità atterrerà nella fluttuante piattaforma, definita da Saraceno stesso «città aereoporto» proprio perché ideata per favorire la contaminazione delle menti, dei pensieri e dei sistemi di comunicazione.

Nella hall fa invece da sfondo “Glory II”, un progetto dell’artista Pietro Fortuna volto a una riflessione sui concetti di “bene” e sulla condivisione di spazio collettivo. Le lacrime dell’angelo, Laura Cherubini ne è la curatrice, è un corpo unico costituito dall’unione di tre opere realizzate tra il 2002 e il 2008. In sostanza un buon escamotage per ripresentare opere già viste. Il risultato: un prolungamento dei volumi già esistenti nella hall, attraverso la suddivisione trasversale dell’ambiente e la ripartizione di nuovi volumi architettonici.

Riflessioni sulla comunità cittadina vorrebbero emergere dal quarto appuntamento del ciclo di mostre “Roommates / coinquilini“. Questo progetto segna l’apertura del museo all’attività di giovani artisti e curatori della scena romana, puntualizzazione nota ai frequentatori più assidui ma necessaria, per facilitare la comprensione, a quanti, essendo meno addentrati, vogliano cogliere le ragioni che portano alla presentazione di esposizioni come quella del binomio Guendalina Salini / Marinella Senatore. Una città disordinata fatta di regoli colorati è Non troverai mai i confini dell’anima della Salini, la cui scontata percezione lascia spazio a quel ritorno al passato, non necessariamente all’infanzia, fatto di storie, aneddoti e testimonianze, remixato nell’”Electric theatre” della Senatore.

Protagonista del quarto appuntamento di Macroradici del contemporaneo è Bice Lazzari. Una data, giusto per contestualizzare la tipologia dell’esposizione, quella della sua nascita: 15 novembre 1900. Sicuramente una delle personalità più remote della storia dell’arte del secolo scorso, che ha vissuto e interpretato l’astrattismo degli anni Venti e Trenta, il minimalismo dei Sessanta e Settanta, e che oggi viene trasformata in testimonial di sé stessa. Un omaggio che funge da autobiografia dell’opera della Lazzari. Grazie alla collaborazione dell’archivio a lei dedicato è presentata una selezione di opere su tela e su carta, molte delle quali inedite e mai esposte prima.

Sempre per parlare di passato, la stagione estiva del museo romano prevede anche una mostra per riscoprire l’arte della Capitale dal 1900 al 1959, attraverso il materiale documentario del Centro ricerca e documentazione arti visive del Macro. Una successione cronologica di cataloghi rari, pieghevoli, inviti, locandine, che ricostruiscono “un mondo” di luoghi e persone che non ci sono più, ma che pochi amatori sanno ancora apprezzare e commemorare.

Il progetto fotografico di Giovanni De Angelis, “Water drops“, affronta il tema della gemellarità da una doppia prospettiva, sociale e antropologica. Incuriosito da racconti e notizie provenienti da Candido Godoi, nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul, il fotografo è partito alla volta della cittadina sudamericana chiamata “la terra dei gemelli”, sviluppando il progetto insieme alla psicoterapeuta Luisa Laurelli, che ha intervistato le coppie di gemelli fotografate. Un interessante risultato, più scientifico-documentaristico che artistico, per parlare di identità e unicità dell’individuo nel suo contradditorio rapporto con l’altro.

Eighties are Back! è il lavoro di Vittorio Messina per Macrowall: una rilettura, azzardata, forzata, dell’arte italiana degli anni Ottanta attraverso un ciclo di mostre personali di artisti rappresentativi delle diverse tipologie di ricerca che hanno caratterizzato la produzione del decennio. Ogni artista è invitato a esporre su un’unica parete due opere, una storica e una recente, per permettere al pubblico di riscoprire la vitalità delle ricerche artistiche degli ultimi anni.

Impossibile non notare l’installazione ideata da Carlo Bernardini, nell’area vani ascensore dell’ala storica del Macro: due sculture in acciaio inox poste sugli angoli dei vani da cui si sviluppa un disegno spaziale in fibre ottiche. L’architetto della luce si riconferma abile disegnatore di spazi e volumi, riqualificando insulsi pertugi con la potenza della geometria e della luce.

A Flavio Favelli, invece, vengono affidate le pareti curve delle rampe delle scale; all’artista il compito di sostituirsi alle pseudo Barbie di Vascellari, che rimpiazza con L’imperatrice Teodora. Viene da chiedersi quale “wonder woman” succederà in autunno. Pietromarchi, o chi per te, pensaci tu. In un complesso e ironico, non scritto ma raccontato, iter Riccardo De Marchi costruisce per una sala del Macro una particolare mappatura, un’ermetica eredità “da Fontana, a Derrida e Pollock”. L’installazione di Corsini per il terrazzo del Macro, che ambisce a un coinvolgimento dello spettatore in un racconto sulla città di Roma, si risolve in un divano da esterni dove sedersi per ascoltare o riposarsi.

Destino comune è la nuova installazione di Esther Stocker, prodotta in collaborazione con Oredaria arti contemporanee. Si tratta di una fitta struttura “scotchata” di nero, con tratto dissacrante della griglia geometrica che ne è alla base. Ogni segno, che corrompe la geometria, diviene coordinata per lo spettatore e dunque nuovo percorso, nuova lettura dell’opera.

Tante cartoline, costituiscono il pretesto per conoscere e vedere, quale volto sta assumendo L’Aquila in corso di ricostruzione urbana negli ultimi due anni. Così Saluti da L’Aquila è l’ope inedita di Giuseppe Stampone. Le immagini, che da Roma sono state inviate in tutto il mondo, sono state scelte dall’artista come testimonianza di luoghi e persone che stanno cambiato i propri volti.

La rassegna Video in rosa unisce invece nomi, artisti e curatori attorno al banale pretesto dell’esperienza femminile, complessa da raccogliere e universalizzare, tanto meno nella citazione di “She Devil”, nome di un’eroina della Marvel e titolo del famoso film del 1989 di Susan Seidelman.

Se Macro doveva essere l’acronimo di Museo d’arte contemporanea di Roma viene da chiedersi l’arte contemporanea dove sia nascosta? La risposta, dopo aver approfondito le proposte di architetti, designer, vecchie glorie, designer d’interni, fotoreporter e documentaristi, può ritrovarsi solo nella terrazza e sul tetto della sala conferenza, dove, con coraggio, svettano le imponenti installazioni di Adrian Tranquilli, vero genio dell’arte contemporanea italiana. “All is violent. All is bright“, progetto curato da Gianluca Marziani, porta in scena il conflitto simbolico-mitologico tra Batman e Joker, personaggi emblematici per l’universo iconografico dell’artista. Batman salvaci tu, viene da dire, quando già dall’esterno del museo lo si avvista regalmente posizionato sull’architettura di Odile Decq, misteriosa essenza fra provocazione e ironia. All’interno, sopra il tetto della sala conferenze, la basilica di San Pietro scuote la ricostruzione di Tranquilli, fatta con migliaia di carte da gioco raffiguranti le diverse, quanto identiche, “facce” di Joker, ripetute e alternate all’infinito. Un’ipnosi volontaria può scaturirne, matrice di sconfinamento intellettuale, in grado di restituire al museo quella carica artistico-scultorea ed emozionale che più dovrebbe appartenergli.

Fino al 30 ottobre
Macro, Museo d’arte contemporanea Roma
via Nizza 138 angolo via Cagliari
Info: www.macro.roma.museum

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