Ping-Pong, panda, povera, pop-punk, planet, politics and p-art. Complesso il nome, complessa l’installazione accolta negli spazi all’ingresso dell’Hangar Bicocca di Milano; l’imponente "site specific" dell’artista tailandese Surasi Kusolwong (1965) porta per la prima volta in una sede museale italiana un nome già noto nei principali musei del mondo, dalla Tate modern a Londra, al Palais de Tokio a Parigi, al Rose art museum di Boston, oltre alle Biennali di Istanbul e Venezia (2003), di Berlino (2001) e di Taiwan (2000).
Cinque tavoli da ping pong, a libero utilizzo dei visitatori, sopra i quali vengono collocati diversi tipi di oggetti e materiali dedicati a vari aspetti del lavoro di Kusolwong sono il cuore dell’opera. A ricoprirli ci sono oggetti d’uso quotidiano, semplici, domestici, qualcuno quasi barocco, come piccoli animali in gesso coperti da pezzi di conchiglie, o bestie intagliate in legno, nonché oggetti provenienti dalle proprie serie passate. Molteplici, e talvolta obbligati, i rimandi alla cultura pop, pur se altamente contaminata dai materiali e dall’approccio dell’arte povera: specchi e forme ritagliate, richiami alla simbologia di Alighiero Boetti. Interessante la riflessione indotta nello spettatore: una volta che ci si trova a giocare nel ritmo martellante del ping pong, viene da chiedersi cosa sia la comunicazione della società contemporanea, e come mai i problemi restino in sospeso, come la pallina del gioco, in quel continuo “palleggio”, che trova una fine alla solo nel momento della prevaricazione dell’altro. Il parlare diviene un gioco al rimbalzo, dove i ritmi differenti dei toni si incatenano l’un l’altro lasciando suoni e pause, come nella musica, in battere e levare.
Affianco ai tavoli da ping pong sono in mostra una scultura-vulcano di sale, un grande cubo in alluminio collegato a una macchina del fumo, delle pseudo tende di marmo e altri materiali di scarto, un blocco scultoreo fatto sa sole pagine del libro "Living in the end times" di Slavoj Zizek, filosofo e psicanalista sloveno di matrice marxista che si occupa della crisi economico-sociale contemporanea. Infine, una scultura morbida fatta di spugne tagliate a blocchi rettangolari con un cartello dalla scritta “Prenditi del tempo per sederti e pensare”. Molti i piani interpretativi che s’intersecano nella lettura del complesso "site specific" realizzato per l’Hangar Bicocca: giocarci su, o meglio dentro, potrebbe essere una della tante vie per assorbire la profondità del messaggio di Kusolwong.
Fino al 17 luglio
Hangar Bicocca, via Chiese 2, Milano
Info: www.hangarbicocca.it