«In questa mostra si evince un forte legame, probabilmente più forte di quanto non sia in Italia, tra l’artista e il mondo della natura». Con queste parole il curatore della mostra "14 Thai artists", Nicola Davide Anderame, chiarisce fin dall’inizio il senso dell’esposizione alla galleria milanese "Whitelabs", visibile al pubblico fino al 5 luglio. La mostra, curata insieme a Kanokwan Gerini e organizzata in collaborazione con il ministero della Cultura e patrocinata dall’ambasciata italiana della Thailandia, si pone l’obiettivo di indagare, attraverso il lavoro di quattordici artisti, la produzione contemporanea di un paese, lontano da noi per culture e tradizioni, da molti conosciuto solo ed esclusivamenteper le proprie attrazioni turistiche. Poco si conosce, infatti, della cultura millenaria del paese e ancor meno della sua produzione artistica contemporanea, la quale negli ultimi anni ha visto una crescita esponenziale, riuscendo a livello internazionale a distinguersi sia per la quantità ma soprattutto per la qualità delle opere artistiche.
Ma perché realizzare una mostra del genere proprio ora? Il 2011 rappresenta l’anniversario del centocinquantesimo anno dell’unità italiana ma anche l’anno in cui si celebra la memoria del padiglione nazionale thailandese, presente all’esposizione universale di Torino del 1911. Quella presenza sigillava un’unione tra l’Italia e la Thailandia coltivata negli anni fino a oggi e iniziata grazie ad alcuni singoli personaggi italiani come lo sculture Corrado Feroci o gli architetti Mario Tamagni e Annibale Rigotti.
Non a caso la prima accademia di Belle arti del paese venne fondata proprio dallo sculture Feroci, considerato in Thailandia quasi un "padre della patria". Attualmente il panorama artistico contemporaneo del paese asiatico è molto sviluppato e quaesto anche grazie alle caratteristiche intrinseche che ogni giovane possiede. «Questi artisti hanno la grande capacità di custodire il senso di una tradizione, quella di provenienza, dentro linguaggi artistici che si rinnovano e che sono il prodotto di una ricerca totalmente libera, priva di barriere preconcette e di pregiudizi identitari» afferma Nicola Davide Angerame, che aggiunge: «Grazie a questa evoluzione, spesso dettata da un’inquietudine creativa che è alla base del lavoro di ogni artista nel mondo, l’arte contemporanea thailandese appare oggi agli occhi del pubblico occidentale più "familiare" di quanto non lo fosse l’immensa tradizione dell’arte classica, che pure è insuperabile ed insostituibile».
Ma veniamo agli artisti ospitati nello spazio milanese. Thawan Duchanee, «un artista che richiama – come sottolinea Angerame – la Tauromachia di Picasso e la pittura informale di Franz Kline». E poi Prayat Pongdam, che nella sua "Family" pone l’animale al centro dell’attenzione richiamando lo stile di Antonio Ligabue. Seguono Kamol Tassananchalee, Thongchai Rakpathum e Somsak Chowtadapong. In mostra anche i "segni" di Decha Warashoon, che in "Diary", prendendo in prestito le parole del curatore «sembra voler tracciare una scrittura proprioa, astratta e geroglifica, attraverso cui narrare le indicibili e le intime sensazioni del diario». Chiudono, infine, i lavori di Ithipol Thangchalok, Parinya Tantisuk, Panya Vijinthanasarn, Thavorn Ko-Udomvit, Preecha Thaothong, Nonthivathn Chandhanaphalin e Vichoke Mukdamanee.
Fino al 5 luglio
Galleria "Whitelabs"
via Tiraboschi 2, Milano
Info: www.whitelabs.it.