È stato uno dei principali rappresentanti dello stile dei preraffaelliti, corrente artistica della pittura vittoriana sorta nel 1848 in Gran Bretagna. Il riferimento è a Edward Burne-Jones, che insieme ad altri esponenti assoluti dell’epoca – da Dante Gabriel Rossetti a William Morris – è al centro di una rassegna che esplora la declinazione del classicismo nell’ambito della Royal academy (operata da artisti come Frederic Leighton e da rappresentanti della cultura estetica-simbolista quali George Moore, John William Waterhouse e George Frederic Watts).
Allestita alla Gnam di Roma fino al 12 giugno, “Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones. Il mito dell’Italia nell’Inghilterra Vittoriana” espone al pubblico oltre cento opere, provenienti da prestiti privati e da musei internazionali, molte delle quali all’esordio assoluto nel nostro paese. Curata da Maria Teresa Benedetti, Stefania Frezzotti e Robert Upstone, la mostra pone in particolare risalto la relazione tra le opere inglesi e i prototipi italiani che hanno definito il modello iconografico e la suggestine formale. In questo senso sono esposti dipinti di Giotto, Crivelli, Carpaccio, Botticelli, Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Bergognone, Luini, Tiziano, Veronese, Tintoretto, ad affermare la loro incidenza nell’area inglese.
Il legame indissolubile con l’Italia ha un rilevante fondamento critico anche negli scritti – qui ben documentati – di John Ruskin (tra i fondatori del movimento artistico per la riforma delle arti applicate “Art and craft movemenent”), nelle originali letture del nostro Rinascimento firmate da Algernon Charles Swinburne accanto ai saggi di Walter Pater su Giorgione, Botticelli, Leonardo e Michelangelo.