Da Whitelabs a Milano opere scelte di Mario Schifano troneggiano per raccontare la carriera di un artista spettacolare. Lavori provenienti da collezioni private, che hanno lasciato un segno permanente nel mondo dell’arte contemporanea. Sono quelle che testimoniano i due decenni d’oro dell’artista, gli anni ’60 e ’70, come Paesaggi anemici o Paesaggi tv.
Presenti anche opere anche degli anni ’80, che ricalcano la sua attenzione verso la natura. L’esibizione, curata da Nicola Davide Angerame, è nata per ricordare uno dei più grandi artisti del dopoguerra, scomparso nel 1998. Il curatore spiega il lavoro svolto per questa esibizione: «Quello che ho voluto fare in questa mostra, come spesso mi accade di fare con tutti gli artisti che tratto, è un tentativo di dialogo, la ricerca di una conversazione a distanza intrattenuta con le opere, attraverso le parole che esse mi suscitano».
Ricordando l’artista, Angerame aggiunge: «Mario Schifano, che nella vita è stato un uomo di parola almeno quanto di immagini, è stato probabilmente colui che ha messo in evidenza questa eccedenza dell’opera sulla parola. Per natura ha scelto di far parlare i quadri, con quel suo atteggiamento dirompente». Schifano, classe 1934, nato nella Libia italiana, viene deportato a Roma in un centro raccolta sfollati all’età di dieci anni. Sembra amare più la pasticceria che gli studi ed è per questo che fa anche il garzone. È negli anni ’60 che decide di dedicarsi all’arte, rinunciando anche al lavoro di assistente del padre come restauratore al Museo archeologico di Villa Giulia. A ventotto anni è a New York, dove organizza mostre importanti conducendo una vita da dandy. Tornato nella capitale, s’imbarca nel suo definitivo periodo di consacrazione e successo artistico.
«Schifano continuo a immaginarlo così, un rumore eccedente nel silenzio o nel frastuono del mondo contemporaneo – continua il curatore – un pittore eccessivo vissuto di eccessi, estetici ed esistenziali. La sua parola è stato l’urlo della pittura, come racconta bene questa mostra che passa dai suoi monocromi imbronciati e brontoloni alle palme ululanti, ai paesaggi anemici pieni di risentimento come bambini a cui è stato tolto il giocattolo».
Fino al 12 marzo
Whitelabs, via Gerolamo Tiraboschi 2, Milano
Info: www.whitelabs.it