Nel 1964 hanno pubblicato per Decca records il loro primo, omonimo, album, cui sono seguiti altri trentadue lavori in studio (l’ultimo, in ordine di tempo, è “A bigger bang” con Virgin, datato 2005). Ma per i Rolling stones la musica è stata sempre una preziosa linfa dalla quale attingere esperienze culturali parallele, dalla pubblicazione di autobiografie (come la recente, fortunata, “Life” di Keith Richards) a ruoli di punta all’interno di mostre internazionali. Ed è proprio ad una retrospettiva fotografica (per la prima volta a Roma) che il frontman Mick Jagger “presta” il volto ruvido, le labbra sensuali, lo sguardo sfrontato, il corpo sinuoso e scattante.
Una personalità decisamente camaleontica la sua, catturata nei settanta ritratti realizzati da grandi fotografi che dall’inizio della sua carriera artistica a oggi lo hanno incontrato, documentando la sua capacità di essere un’icona del rock. Prodotta dalla fondazione Forma per la fotografia di Milano e dai Rencontres internationales de photographie di Arles e allestita all’Auditorium parco della musica di Roma fino al 27 marzo, “Mick Jagger. The photobook” ha la cura di François Hébel, che spiega così la vera essenza di questa mostra: «Non è solo la carriera di Mick Jagger a essere raccontata, ma la storia di cinquant’anni anni di ritratto fotografico, dove la fisicità e la notorietà di un volto sono una sfida che spinge gli autori a rappresentarlo andando oltre la semplice documentazione».
La retrospettiva parte dagli anni Sessanta con Harry Goodwin, Gered Mankovitz e Jean-Marie Périer, proseguendo con le sperimentazioni di Cecil Beaton, fino ai ritratti più vicini ai giorni nostri realizzati da Annie Leibovitz, Karl Lagerfeld, Anton Corbijn, Mark Seliger e Bryan Adams. E ancora, gli scatti di Brian Aris, Deborah Feingold, Jim Marshall, Francesco Scavullo, Robert Whitaker – l’elenco è sostanzioso – capaci di catturare un vero e proprio spaccato sulla storia del costume, del ritratto e sul mutamento dell’estetica del rock.
Info: www.auditorium.com