Umane responsabilità

L’idea generale di Terre vulnerabili, un progetto di Chiara Bertola curato con Andrea Dissoni e articolato in quattro mostre, cerca di focalizzare sul concetto di vulnerabilità, quella singolare capacità empatica che permette a tutti gli esseri umani di riconoscere e accettare la propria responsabilità etica verso l’altro, verso la comunità e l’ambiente, dal punto di vista fisico e morale accogliendolo come centro positivo e vitale.

Un progetto in evoluzione, germinativo e organico, il cui funzionamento generale vuole essere il più vicino possibile a quello della crescita di un organismo vivente o di una pianta che si sviluppa nel tempo. Così ogni mostra rappresenta un momento espositivo unico, irripetibile e diverso rispetto all’altro, come le diverse fasi della vita. Un’esposizione che si sviluppa nel tempo della sua vita espositiva permettendo al pubblico di prendersene cura e agli artisti di continuare a crescerlo e nutrirlo. In questo modo i diversi soggetti si renderanno responsabili della mostra e del suo stesso stare in vita.

L’operazione, infatti, non si esaurisce soltanto nel traguardo di un’esposizione ma si sviluppa attraverso un processo che comprende una serie di incontri con gli artisti coinvolti per creare insieme una nuova strategia di condivisione del progetto stesso. La vulnerabilità si esprime così non soltanto nelle opere ma anche in questa modalità curatoriale basata soprattutto sul mutuo riconoscimento e sulla collaborazione tra gli artisti che necessariamente porterà a vivere esperienze inaspettate.

L’idea è che l’opera di ogni artista non si cristallizzi a inaugurazione finita, ma che continui a crescere e a evolversi lungo tutto il periodo del progetto con aggiunte, correzioni, dialoghi con gli altri artisti invitati e con il pubblico. In questo modo i diversi soggetti si renderanno responsabili della sua cura e del suo stesso stare in vita, nel senso che prosegue al di là della singola mostra: uno dei tasselli di un progetto più ampio e costantemente in movimento verso “qualcos’altro”.

La seconda mostra, dal titolo Interrogare ciò che ha smesso per sempre di stupirci, vede la presenza di otto importanti artisti, di nuovo personalità molto diverse tra loro, con lavori differenti per dimensioni e materiali, alcuni di forte impatto emozionale, altri più concettuali e da scoprire indugiandovi; in tutti – da Yona Friedman a Bruna Esposito passando per Margherita Morgantin e Nico Vascellari – il concetto di vulnerabilità è declinato in modo sottile e personale.

Fino al 22 maggio
Fondazione Hangar Bicocca
via Privata Chiese 2
20126 Milano
Info: www.hangarbicocca.it