Un omaggio contemporaneo a Michelangelo Merisi da Caravaggio viene offerto da Caterina Bottari Lattes all’omonima fondazione di Monforte d’Alba (Cn), per l’edizione invernale del festival Cambi di stagione. La mostra propone 15 autori nella cui poetica il curatore Vincenzo Gatti individua la presenza di sapori caravaggeschi ma il progetto è più ampio perché condiviso con la galleria romana Don Chisciotte, attualmente cornice della mostra Roma, 12 passi sulle orme di Caravaggio.
Entrambe le esposizioni si collocano in chiusura dell’anno dedicato al pittore scomparso quattro secoli fa, e al quale il 2010 ha consacrato gran parte del suo programma culturale, anche fuori Italia. A Monforte d’Alba i lavori dei caravaggeschi del nostro tempo dialogano con quelli di Mario Lattes, appartenenti alla collezione permanente della fondazione: non solo artista ma anche letterato e traduttore, Lattes è legato a romanzi di Erenbúrg (Le avventure di Julio Jurenito), Faulkner (Questi tredici) e Blum (Del Matrimonio), conosciuti in Italia attraverso le sue parole. La mostra piemontese propone una carrellata di Aimone, Chessa, Ferroni, Francese, Garel, Guccione, Mattioli, Morlotti, Ruggeri, Saroni, Scalco, Soffiantino, Tommasi Ferroni, Ventrone e Vespignani che, attratti da particolari aspetti della poetica del lombardo, ne evocano suggestioni in modo più o meno diretto. Tutti nati nella prima metà del Novecento, lavorano nel secolo della riscoperta ufficiale del Caravaggio, consacrata dalla prima monografia a lui dedicata da Roberto Longhi e dalla retrospettiva che organizzò a Milano nel 1951.
Tra le opere esposte fino al 30 gennaio, alcune sono storiche, altre recentissime. Mondo segreto di Luciano Ventrone, ad esempio, che è anche l’icona della mostra, omaggia la Fiscella del Merisi, conservata alla Pinacoteca Ambrosiana, sorta di bassorilievo romano dipinto che sembra uscire dai limiti della cornice per invadere l’ambiente. Anche nella sua versione moderna, la Canestra straborda di frutti, ciascuno indagato con realismo naturalistico, che proiettano potentemente la propria ombra sul ripiano dove è appoggiato il cestino. Un soggetto di per sé umile ma che attrae lo spettatore all’interno del quadro e lo coinvolge emotivamente. Che è poi la forza dell’arte.