La disomogeneità di Afro

Afro Basaldella è di sicuro tra i più noti astrattisti italiani del XX secolo. A celebrare il suo lungo percorso, la mostra antologica proposta dalla galleria Mazzoleni di Torino, che propone una retrospettiva di più di 50 opere, appartenenti per lo più alla florida produzione degli anni ‘50-’70. L’incontro tra la galleria e l’artista è ormai un binomio consolidato. Si ricordano, infatti, nel calendario espositivo, la mostra personale del 1989, la monografica del 2001 e la collettiva con Burri e Fontana del 2006, tutte occasioni per cercare di svelare l’immensa produzione del grande maestro.

Oli, tecniche miste su tela dalla forte componente materica e disegni su carta scandiscono le fasi di una lunga crescita artistica che trova sbocco, in particolare negli anni del dopoguerra, in una rigenerata fluidità neocubista. Le opere di Afro appaiono talvolta anche disomogenee, in quanto impregnate di molte esperienze, dalla scuola romana sino all’esodo statunitense dove entrò in stretto contatto con l’Informale. Tra i tanti artisti con cui lavorò a stretto contatto, significativa fu l’amicizia con De Kooning, testimoniata da una fitta corrispondenza tra i due artisti e da due acquerelli del 1960 che questi dedicò ad Afro. Sono di questo periodo le opere esposte: "Chicago waterfront", 1953, La città morta, 1953, Per guerra, ricostruzione e pace, 1954, Tre sotto chiave, 1957, Rosso, 1960, Senza titolo. Bianco-nero, 1964, lavori che preparano il terreno a quelle realizzate nell’ultimo periodo della sua vita Nero IV, 1969, Bandiera di contrada, 1974, Via Etnea, 1974 e Senza titolo, 1974.

Occasione gradita, quella di trovare così tante opere riunite, laddove gran parte della produzione dell’artista si disperde tra la Galleria nazionale d’arte moderna, il Mart di Rovereto, il Centre Pompidou, il Mathildenhohe institut. Una vera e propria rivoluzione del colore, quella operata da Afro, dove la presenza della forma come vita, è lo strumento necessario per parlare del mondo sulla tela. Lo stesso artista diceva: "Non voglio rappresentare ma trasferire" sulla tela. Nel 1954 il grande storico e critico dell’arte Lionello Venturi definiva così il lavoro di Afro: “Ciò che egli ha scoperto nel 1948 è il suo stile personale, che meglio risponde alla sua natura […] La sua forma è astratta e il suo motivo è presentato anziché rappresentato. Ciò non toglie che le sue linee e le sue forme abbiano una propria vitalità di struttura o di moto. Lo spazio non è rappresentato, ma esiste come partecipazione all’immagine; ora lo si direbbe capace di creare l’immagine, ora ne è invece creato” (L.Venturi in Commentari, n.3, Roma, luglio-settembre 1954, p.8). Parole, queste, che tutt’oggi restituisco attualità e realismo alle poliformi tele del maestro.

Fino al 15 gennaio
Info: galleria Mazzoleni, piazza Solforino 2, Torino
Info: 011534473.