“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” recita il primo comma dell’articolo 1 della Costituzione. Ma oggi il nostro paese è (spesso) sinonimo di stage, lavoro nero, morti bianche, delocalizzazione, produzione abusiva, precariato. Un vero e proprio paradosso, dunque, su cui la collettiva Fondata sul lavoro – allestita fino al 7 novembre allo Spaziocorale, nel complesso di Arci Bellezza a Milano – intende far riflettere, presentando al pubblico degli interessanti lavori sul macrotema dell’occupazione.
«L’obiettivo è stato quello di conciliare tematiche diverse, arrivare a comporre un quadro ampio che non vuole essere esaustivo ma aprire una finestra sul mondo di oggi», spiega la curatrice Francesca Guerisoli. In Fondata sul lavoro, Oppy De Bernardo ricorre a una serie di scatti realizzati per il progetto “Cip & Ciop, working for peanuts” che documentano il lavoro di alcuni cinesi all’interno di una sartoria abusiva milanese. Quindi il neocollettivo Noisegrup – alias Stefano Lupatini e Daniela Capelloni – presenta il video sulle morti bianche dal titolo “Natura morta”, nel quale alcuni strumenti da lavoro, cadendo al suolo, assumono una valenza simbolica, mentre Salvatore Manzi affronta il caso Pomigliano d’Arco nel video “Informazione”, realizzato all’interno del parcheggio dello stabilimento Fiat, dove un cronista ripreso dalla telecamera aggiorna gli spettatori sui primi esiti delle votazioni al referendum voluto dall’azienda.
E ancora, Alessandro Nassiri Tabibzadeh – «il cui progetto, a differenza degli altri realizzati tra il 2008 e il 2010, è datato 2005. Ma sono tutti di stretta attualità», precisa la curatrice – affronta con ironia il tema dello stage attraverso l’installazione Il giubileo degli stagisti, un progetto nel quale vengono calcolate le energie che uno stagista spende nel suo lavoro non retribuito. Sul tema del lavoro nero verte invece l’installazione I miei anni invisibili realizzata da Giuliana Racco: un video mostra le mani dell’artista che sfogliano le pagine di un arcaico libretto del lavoro, mentre il suo curriculum vitae, esposto a fianco della videoproiezione, riporta le mansioni svolte e le residenze in cui ha risieduto nel corso del quadriennio 2003-2007. Infine, con “Festhyssen” Carlo Steiner affronta i morti della Thyssenkrupp e al contempo punta il dito contro il sistema arte: dal soffitto si estendono festoni realizzati con gli articoli sull’incidente alla fabbrica torinese. «Tutti gli artisti della collettiva hanno avuto modo di conoscere in prima persona il mondo del lavoro, confrontandosi e scontrandosi con la realtà dell’ultimo decennio», precisa la curatrice.
Info: www.arcibellezza.it