Gino De Dominicis e l’immortalità. Gino De Dominicis e l’invisibilità. Gino De Dominicis e il superamento della gravità. Gino De Dominicis e l’idea del tempo che scorre e che va in qualche modo fermato: “Per esistere dovremmo fermarci nel tempo” è una sua celebre frase. Quasi a contraddire questo anelito all’eternità De Dominicis distrugge una gran parte della testimonianza fotografica delle sue opere, oltre centottanta negativi, realizzata attraverso la consuetudine e scambi reciproci di idee e nottate di discussioni con il fotografo Claudio Abate che, romano di nascita, ha segnato un’epoca con i suoi scatti.
Abate già nel 1959 realizza il ritratto di Mario Schifano, mentre negli anni ’60 lavora al Life magazine e diventa fotografo ufficiale di Carmelo Bene. Continua vivacemente la sua carriera d’artista negli anni ’70 con opere direttamente impressionate sulla carta fotografica, i “contatti con la superficie sensibile”. Negli anni ’80 comincia la collaborazione con la cosiddetta nuova scuola romana e avvia sodalizi con diversi artisti. Il Mart di Rovereto gli dedica una retrospettiva nel 2007. Quest’ultima mostra alla galleria Mara Coccia di Roma presenta il lavoro che si è salvato nonostante l’iconoclastia di De Dominicis.
Anconetano, De Dominicis nella sua carriera di artista non si è mai inserito in una corrente precisa, ha sempre viaggiato in solitaria. Due le fasi principali della sua carriera che si è interrotta nel 1998: la prima maggiormente basata su una spinta concettuale, la seconda maggiormente figurativa e pittorica. Si trasferisce a Roma da Ancona e nel 1969 espone all’Attico di Fabio Sargentini con cui avrà una consuetudine. Nel 1970 nella stessa galleria allestisce Zodiaco, opera che sarà documentata da Claudio Abate con una fotografia che restituisce il fascino dell’installazione e ne dà una visione che ha una validità storica. Altro scatto memorabile è “Contatto con la superficie sensibile: Gino De Dominicis” in cui il fantasma di De Dominicis appare immortalato fra luce e ombra. Le fotografie di quel periodo formano la mostra “Scatti ritrovati” a cura di Costantino D’Orazio e sono tutte frutto di una concezione della fotografia che rivela l’opera e le dà una vita indipendente.
Fino 24 settembre
Mara Coccia, via del Vantaggio 46a, Roma
Info: 063224434; www.maracoccia.com