Curatore sia del premio Pino Pascali assegnato quest’anno ai fratelli Jake e Dinos Chapman sia della personale dedicata ai due artisti – fino al 12 settembre al Museo comunale d’arte contemporanea di Polignano a Mare (Bari) – Carlo Berardi introduce la mostra ricorrendo alle parole della commissione premiante: «I fratelli Chapman hanno saputo infondere al linguaggio dell’arte contemporanea una nuova vitalità estetica sospesa tra tragica bellezza e cruda verità».
“A little more nasty talk may yet be in order” (Un altro discorsetto più balordo potrebbe essere in cottura) è il titolo della rassegna – incisioni, sculture, ambienti "site specific" – che omaggia due simboli della "Young british art", la generazione di artisti inglesi lanciati dalla celebre mostra "Sensation" (1997) alla Royal academy of arts di Londra. Prima personale nel nostro paese all’interno di uno spazio istituzionale, propone opere storiche degli anni Novanta, come le inquietanti sculture delle bambine siamesi della serie “Mannequins”.
«Attraverso questi lavori i fratelli Chapman esplorano il senso negativo del corpo grottesco», spiega Berardi, sottolinenando il rimando tra Pascali («nel 1967 disse che la morte è in assoluto una delle cose più terribili che esistono, perché interrompe la reazione a catena di fenomeni che stimolano fenomeni») e la coppia di artisti («celebrano la morte mediante rappresentazioni grottesche, donando una componente temporale alla dipartita»). Da qui i riferimenti dei Chapman al periodo del nazismo, dell’olocausto, «nel reinterpretare le incisioni sui “Disastri della guerra” di Francisco Goya», spiega il curatore. Dunque al centro della poetica simbolica del duo vi è lo sterminio dell’essere umano indotto contro la sua stessa umanità e quella degli altri. «Installazioni di scheletri, teschi, corpi mutilati e abusati: i fratelli Chapman trasferiscono sul piano dell’arte quanto accade quotidianamente nel mondo. Con macabra ironia», conclude Berardi.