C’è chi sostiene che le fotografie “di posa” siano quelle peggiori perché comprimono l’espressività del soggetto, fotografato e fotografabile, condizionandone l’atteggiamento, anche di quello che meglio di altri, si sottopone con tranquillità all’obiettivo.
Quello che ne esce è, il più delle volte, un “artificio” costruito nel modo migliore, per dimostrare ancora una volta come in fondo sia vero il principio per il quale la fotografia non faccia altro se non riprodurre una realtà, anzi, come sia vero che la fotografia riesca a vendere per verosimile qualcosa di costruito fino alla nausea.
Ebbene a sfatare questa tesi, in molti casi però fondatissima, ci ha pensato Marta Jovanovic che lo scorso 8 luglio alla galleria Bosi artes di Roma ha allestito un vero e proprio set fotografico dove i modelli non erano ragazzi e ragazze rimbalzati sulle prime copertine dei giornaletti, ma giovani e meno giovani con una sana voglia di divertirsi che hanno messo a disposizione la loro faccia, e non solo, all’obiettivo della fotografa serba nella performance "Shoot me!"
Su un palco vagamente fatiscente, i volontari disposti a farsi fotografare a gratis, hanno goduto del privilegio-guadagno di ricevere prima di essere “inquadrati”, una consulenza da professionisti del Mac cosmetics e Contesta rock hair, sponsor ufficiali dell’evento che hanno dato “una sistematina” alla loro persona. Ebbene una volta truccati, pettinatati, magari qualcuno anche profumato, la Jovanovic ha dato loro in mano un tutù di danza classica da usare nel momento della posa fotografica come meglio reputavano. Improvvisando, o anche no, dei passi coreografici.
"Shoot me!", è la performance che rientra nel più ampio progetto “Dance Rehearsal project” in corso dal 2008, che vede la fotografa serba “sparare flash” sulle improvvisazioni eseguite dai volontari dando a queste la natura e la sostanza dell’evento vero e proprio. Non a caso, infatti, gli altri set realizzati dalla Jovanovic, finora sono stati al centro di diverse personali tra Roma, Belgrado e New York. La performance che ha preceduto “Shoot me!” dal titolo “Fuck art let’s dance” si componeva di foto scattate tra il 2008 e il 2010 e da queste l’artista insieme alla curatrice Jovana Stokic, hanno tratto l’idea per questo evento.
Insomma l’intento dell’artista è proprio quello di svestire l’artificiosità dei set fotografici, usati principalmente in ambito pubblicitario, usando come arma privilegiata l’artificio. Sembrerebbe una contraddizione in termini, eppure l’effetto finale è ben diverso. Il “dietro le quinte”, che il più delle volte viene scartato perché non in linea con il brand e il marketing del prodotto che rappresenta diventa qui, opera d’arte, performance creativa.
Dentro questa scommessa confluisce tutto il consumismo che caratterizza la nostra epoca contemporanea. La voglia di apparire, il senso di “perfezione”, l’immagine elevata a simbolo quando vengono a mancare modelli e valori di riferimento. C’è di tutto nelle fotografie della Jovanovic: il balletto classico, deriso in chiave ironica e genuina da personaggi che tutto potrebbero essere fuorché danzatori, la fotografia di moda, curata fino a diventare patetica, la filosofia del “Grande fratello” per citare sociologicamente McLhuan.
L’evento è stato trasmesso in diretta sul sito dell’artista (www.m-art-a.net) permettendo così alla Jovanovic di confrontarsi con i nuovi media, internet principalmente. Di base, certo, l’idea del set fotografico come spunto per una performance d’arte, non è una novità. Nuovo è il significato cvhe Marta Jovanivic è riuscita a dargli.