A detta di Christopher Wool, impegnato in una complessa e articolata personale romana alla galleria Gagosian, non ha più importanza il soggetto ritratto ma deve rilevare la sola tecnica realizzativa. Questo l’approccio del grande maestro americano nell’accingersi ai suoi ultimi lavori, vera e propria sintesi dei divergenti apici della pittura moderna.
Un tocco pittorico istantaneo e informale interagisce con un’anomala digitale base di lavoro: la serigrafia. L’artista, rielabora gli elementi della pittura astratta, quali la linea, la forma desostanzializzata, la superfici vuote, con la mediazione della riproduzione digitale e meccanica, sovrapponendo una serie di tecniche che vanno dallo stencil al rullo, all’"action painting", alla pittura tramite spray, elementi, questi ultimi, mutuati dal contesto urbano. Altra peculiarità è la sovrapposizione di strati di varie tonalità, per lo più bianco, a cancellare, non del tutto, gli elementi serigrafici usati nelle opere precendenti, (monocromi estratti da riproduzioni fotografiche, ingrandimenti di dettagli, e polaroid dei propri dipinti); ogni strato è dunque testimonianza di ciò che resta delle opere del passato, come in una sorta di sovrapposizione di radiografie, ove ciascuna è in grado di lasciare un segno sull’altra.
Attraverso queste procedure di applicazione e cancellazione, Wool oscura le tracce indistinte degli elementi precedenti, lasciando che ogni passaggio divenga per l’opera, memoria di ciò che fu l’anima dell’opera passata. La sintesi tra pittura a strati, fotografia del lavoro pittorico e riproduzione sul lino, crea fantasmi sindonici. Molti gli innesti materici che riempiono alcune fasciature di pittura viscosa e lasciano che da altre traspaiano le forme sottostanti. È evidente come la tecnica, nell’elaborato lavoro di Wool, divenga vero e proprio protagonista indiscusso dell’opera, rivelando una nuova lettura della soggettività artistica.