Con Joseph Kosuth nasce l’arte concettuale basata non più sul piacere estetico ma sul pensiero che diventa origine dell’espressione artistica. L’inizio del movimento concettuale è l’opera “Una e tre sedie” del 1965 proprio di Kosuth, in cui l’artista pone in relazione una sedia, la sua riproduzione fotografica e la sua definizione scritta. Non c’è più il ricorso all’emotività e si sottolinea il rapporto fra immagine e parola. Da questo momento in poi molti artisti utilizzeranno il linguaggio come mezzo espressivo.
La rassegna L’arte è una parola comprende tutte opere significative in questo senso dagli anni ’60, quelle storiche, fino agli anni ’80, più recenti, anche se la riflessione sul linguaggio continua ancora oggi. Centrale la concentrazione sul codice linguistico che accomuna artista e fruitore ed è mezzo di comprensione di questa forma artistica. È un tipo di espressività dove prevale il contenuto e non la forma. Già nei collage cubisti, futuristi e dadaisti compariva la parola ed era sempre una caratteristica essenziale dell’opera, ma nell’arte concettuale diventa l’oggetto principale con cui si realizza il rapporto creativo.
Ricordiamo le parole cancellate di Isgrò, l’utilizzazione del linguaggio come segno in Kosuth, i giochi di parole di Boetti, fino alle formulazioni esemplari di Ben Vautier, artista appartenente a Fluxus. Ed è proprio di Ben Vautier la frase che dà origine al nome della mostra: L’arte è una parola, citazione di un’opera del 2007.
Fino al 22 maggio
associazione Mara Coccia
via del Vantaggio 46/a, Roma.
Info: 063224434; www.maracoccia.com