Il tempo di Schiele

Si è appena aperta a palazzo Reale di Milano la mostra dedicata a Egon Schiele e al suo tempo, che comprende uno spazio cronologico di circa trent’anni, dal 1890 fino al 1918, data della morte dell’artista le cui opere, insieme a quelle di pittori come Klimt, Kokoschka, Gerstl e Moser, sono la rappresentazione dello spaccato della cultura artistica moderna. Anche se secondo Schiele: «non esiste un’arte moderna ma esiste una sola arte perenne. Eterno è Dio, che l’uomo lo chiami Buddha, Zarathustra, Osiride, Zeus o Cristo, ed eterno come lui è ciò che vi è di più vicino a Dio: l’arte. L’arte non può essere moderna, l’arte appartiene all’eternità».

Un avvincente appuntamento quello milanese, da considerare come una finestra sulle angosce e i tormenti dell’uomo moderno in una fase rivoluzionaria che va dalla Secessione all’Espressionismo: l’abbandono della prospettiva e l’avvicinarsi al contenuto piuttosto che alla forma, all’espressività piuttosto che ai contorni definiti dell’immagine, crea ritratti dell’uomo nei quali traspaiono profondi significati interiori enfatizzati spesso dall’uso emozionale dei colori. L’esibizione, promossa dal comune di Milano, che è visibile fino al 6 giugno, è stata realizzata dopo un doveroso processo scientifico, grazie al quale sono state selezionate opere di massimo livello in collaborazione con il Leopold museum di Vienna.

Il percorso espositivo, che comprende più di quaranta opere di Schiele e pezzi di grande valore di altri artisti appartenenti alla sua epoca, è accompagnato anche dalle note musicali di Strauss, Mahler, Schönberg. Lo spettatore non può che rivivere le atmosfere proprie dell’Austria, un ponte dorato che collega due secoli: nell’ultima decade del 1800, mentre l’impero asburgico si avviava al declino, letterati, artisti, musicisti instradavano la storia della cultura a un grande capovolgimento, stimolato da una forte critica al moralismo della società dominante e alla realtà dell’epoca. In questo frangente, si assiste sia alla nascita di un interesse che si spinge verso un’analisi delle pulsioni e delle paure umane, decifrate dalla sensibilità freudiana, sia al venir meno dei principi imperanti che reggevano le arti. Certamente si avrà modo di conoscere più da vicino la genialità di un artista ancora oggi molto amato. Come afferma Teresa Indjein-Untersteiner, console generale d’Austria: «Schiele guardava al mondo come “seher" (colui che vede), come colui che vede se stesso, che scruta dentro, secondo le definizioni da lui stesso coniate nei propri scritti poetici. Voleva capire la vita segreta interiore e fissare nell’immagine soltanto quella che in essa vedeva». Eros e thanatos hanno accompagnato l’artista in tutti i suoi lati espressivi; termini che si rivivono entrambi nei suoi dipinti dove la nudità dei corpi si abbandona sulla tela in colori di una intensità affine alla morte come se la vita fosse stata vissuta dall’artista come un cammino verso la morte.

Dal 24 febbraio al 6 giugno
Info: 02 92800375; www.comune.milano.it.