Dopo sei anni di collezione la Sammlung Verbund di Vienna ha raccolto un totale di 200 opere tra fotografie, video e disegni di artiste donne attive dalla metà degli anni sessanta in poi. In un’epoca non indifferente alla rivoluzione femminista e all’emancipazione artistica del “gentil sesso”, la mostra curata dalla direttrice della collezione Gabriele Schor si avvale delle ampie sale della Galleria nazionale moderna di Roma esplorando le poetiche aggressive e rivoluzionarie di ben 17 artiste tra cui Martha Rosler, Suzy Lake, Helena Almeida, Eleanor Antin, Ana Mendieta, Francesca Woodman e Sindy Sherman.
Proprio quest’ultima è stata il pilastro fondante dal quale avviare la collezione. Con l’acquisto dei primi video e delle prime serie fotografiche, la raccolta si è poi ampliata nella ricerca femminile europea dimostrando un interesse parallelo focalizzato sulle avanguardie femministe e sulla rivoluzione di genere in sé. La Schor si concentra sull’aspetto curatoriale della mostra, sottolineando la divisione tematica scelta, come a sancire un passaggio dalla poeticità della donna al suo lato più vistoso, alla sua messa in mostra più violenta: le battaglie per la propria emancipazione. «Ho voluto definire il movimento degli anni ’70 artistico e femminista per sottolinearne il ruolo storicamente precursone» dichiara la Schor. Ed è affascinante come di sala in sala il corpo femminile si faccia oggetto di un video o di una foto per dimostrare la sua presenza individuale e allo stesso tempo sociale; ne sono un’esempio i ritratti introspettivi della precoce Woodman che posa sé stessa dentro angoli di case dimesse confondendo con indumenti e mura il suo corpo nudo. Ironici e provocatori sono invece i lavori di Birgit Jurgenssen che, per la prima volta esposti in Italia, ridicolizzano gli stereotipi femminili mostrando la serie di “Hausfrauen kuchenschrze” in cui una cucina a gas pende al collo dell’artista come fosse un grembiule.
Non mancano le manifestazioni provocatorie urbane di Lesile Labowitz e Suzanne Lacy di cui è esposto il lavoro “In mourning and in rage”, performance testimoniata da un un video e una serie fotografica in cui lo spunto di un fatto di cronaca vede inizialmente nove figure vestite di nero in lutto che sfilano per strada formando un corteo funebre in difese di tutte le donne ferite o destabilizzate dalla violenza fisica come dei media. Con un catalogo presentato da Electa di ben 256 pagine, la mostra merita un lungo percorso nell’intimo di ogni donna, bilanciando bene i due labili confini di espressione femminile: l’arte e l’affermazione, entrambe motori di ricerca per la storia di genere.