Sembra voler fare ingordigia di successi il Macro di Roma. E se si tiene conto dei precedenti, reali motivi per sopportare una tale ambizione esistono pure. Nelle sue sale al centro di via Reggio Emilia, questa mattina, è stata presentata in una brevissima conferenza stampa la nona edizione del Festival internazionale di fotografia. Ancora tutto da decidere per la manifestazione che da ben otto anni porta nella capitale una sacca gremita di credibilità artistiche. Ma le novità sono molte.
Alla presenza del direttore della kermesse Marco Delogu, che da anni porta avanti l’appuntamento, e a quella di Umberto Croppi, assessore alla Cultura del comune di Roma, che sembra voler dimenticare e al contempo ricucire lo strappo dello scorso anno, quando il Campidoglio decise il taglio di parte dei finanziamenti per la manifestazione, condizionando l’evoluzione del festival, Luca Massimo Barbero ha annunciato non solo la messa a disposizione del centro di piazza Giustiniani, il Macro future, ma soprattutto la partecipazione diretta e attiva del suo museo all’appuntamento di Fotografia. Cambio di sede, dunque, dal palazzo delle Esposizioni, finora nucleo centrale della manifestazione, al Testaccio con l’obiettivo di creare una sorta di "città nella città" nella quale far confluire tutti gli appuntamenti del festival, dalle mostre ai workshop. «Il Macro si getta anima e corpo nella fotografia – ha detto Barbero – perché il rapporto con quest’arte deve essere incrementato al fine di poter dar vita ad un vero laboratorio fotografico» nel museo più interdisciplinare della città.
Saranno tre le sezioni portanti, ognuna assegnata a un curatore che ne disporrà l’evoluzione. Marc Prust, Valentina Tanni e Paul Wombell saranno a capo rispettivamente delle sezioni fotografia ed editoria, new media, arte contemporanea. Ancora vagante, invece, il nome del fotografo a capo della commissione Roma. Entro maggio, promette Croppi verrà sciolto il nodo, così come verranno presentati gli artisti che esporranno e il tema della nona edizione.
Ulteriore novità è lo slittamento della manifestazione che non si svolgerà più in primavera, ma dal 23 settembre al 24 ottobre. Decisione quest’ultima presa per un duplice motivo: aprire una stagione culturale, e come ha dichiarato Paul Wombell, «fare di Roma uno degli appuntamenti più importanti nel campo fotografico, una sorta di anteprima anche rispetto ad altre manifestazioni europee come il Paris photo».
Marco Delogu, dal canto suo, si è dichiarato entusiasta dell’apertura data dal Macro e per consolidare un rapporto molto più forte con il museo e per dar finalmente delle radici, non più vaganti, alla manifestazione. «Il Festival è stato finora organizzato in molti luoghi simbolo di Roma che, seppur affascinanti, non ci hanno permesso di metter radici». Tra i tanti cambiamenti, però, qualche conferma c’è stata. Anche quest’anno, infatti, è previsto un circuito di gallerie per promuovere gli artisti coinvolti nel Festival e per valorizzare i centri espositivi di Roma, così come è stato confermato il contribuito delle accademie e degli istituti internazionali e il premio Iila Fotografia per la giovane fotografia sudamericana il cui bando è ancora aperto.
Note dolenti? Le uniche che possono profilarsi come tali riguardano i finaziamenti. Emiliano Paoletti, direttore di Zoneattive, è fiducioso nel contributo comunale che dovrebbe aggirarsi intorno ai 150mila euro, mentre c’è da trovare uno sponsor valido capace di riempire la voragine (90mila euro) aperta da Baume&Mercier, la nota casa di orologi, che quest’anno non parteciperà alla manifestazione.