Mostre 2009: Venezia fa il vuoto

Certo, la Biennale di Venezia s’è aggiudicata il primo posto, raggranellando il sostanzioso numero di 375mila 702 presenze. E (quasi) doppiando la seconda nella classifica delle mostre italiane più visitate del 2009. Numeri importanti, senza dubbio. Ma facili da mettere insieme e in qualche modo attesi, tenendo in conto il lunghissimo periodo d’apertura dei padiglioni (cinque mesi e mezzo), una miriade di iniziative parallele e la fenomenale attrattiva di quel caotico museo a cielo aperto che è la città lagunare. Per il resto – e la notizia è questa – l’arte contemporanea ancora non riesce a sfondare nei gusti e nelle scelte della massa dei visitatori che muove i numeri pesanti nei circuiti espositivi nostrani.

Dietro alla kermesse veneziana, infatti, fanno capolino i 221mila 269 visitatori che hanno scelto di visitare la Venaria Reale di Torino per Egitto, i tesori sommersi. Gli oltre 500 reperti archeologici di Alessandria, Heracleion e Canopo hanno dunque fatto centro col loro fascino millenario. Chiude il terzetto di testa l’esposizione sui disegni di Van Gogh al museo di Santa Giulia di Brescia, che ha staccato 212mila 325 tagliandi d’ingresso. Grandi maestri, archeologia, arte moderna: c’è tanto Novecento (Picasso al quinto posto e Magritte al settimo, per esempio) ma non c’è traccia di contemporaneo spinto, quello pulsante. Non pervenuti, a farla breve, gli ultimi quarant’anni creativi.

Dal quarto posto in giù, fuori dal podio, s’alternano Canaletto, Venezia e i suoi splendori, che alla Casa dei carraresi di Treviso ha richiamato 212mila 249 visitatori e, come detto, l’Arlecchino dell’arte al Complesso del Vittoriano di Roma con 208mila biglietti. Chiudono la top ten dell’anno appena spedito in archivio Giotto, sempre nella capitale, il maestro belga Magritte a palazzo Reale di Milano, Beato Angelico ai musei Capitolini, Monet sempre a Milano e l’ultima grande avanguardia internazionale targata Italia: la mostra romana sul Futurismo. A certificare la deleteria frammentazione nelle idee dedicate al centenario di Marinetti e compagnia. Alla fine Roma fa la parte del leone con quattro mostre su dieci in classifica, davanti a Milano, Treviso, Brescia, Torino e, appunto, la città dei dogi.

Se da un lato si tratta di risultati legati a diversi fattori – dalle prestigiose sedi espositive ai massicci investimenti promozionali passando per il sicuro richiamo di nomi ormai trasformati in icone pop e dal ritorno garantito – rimane comunque la perplessità su un sistema dell’arte contemporanea che riesce di rado a staccarsi dal pur benemerito network delle gallerie private e dei pochi poli di rilievo. Un mondo, questo sì, che magari piace, colpisce e ammalia grazie ad eventi, vernissage e a singolari quanto esose installazioni (vedi alla voce Carsten Nicolai, piazza del Plebiscito, Napoli) ma il cui effetto ha vita breve e fatica a raccogliere cifre consistenti. Quelle su cui costruire un futuro. E un pubblico degno di questo nome.