Tirelli torna al Pastificio

Roma

La mostra dedicata a Marco Tirelli, aperta fino al 22 luglio, conclude il ciclo dedicato agli artisti del Gruppo di San Lorenzo con cui la Fondazione Pastificio Cerere ha celebrato i suoi 10 anni di attività e i 110 anni dalla costruzione dell’ex fabbrica. Il ciclo espositivo ha visto susseguirsi sei grandi artisti che hanno lavorato e abitato gli spazi del Pastificio: Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Bruno Ceccobelli, Nunzio, Pizzi Cannella e in ultimo Tirelli hanno contribuito a ricordare e attualizzare un periodo storico tra i più ferventi del mondo artistico romano, suggellando, tra le nuove generazioni, la memoria di un luogo che ha rappresentato una chiave di volta nell’universo contemporaneo nazionale.

”L’arte scommette con l’eternità dunque è per sua natura inattuale. Trovo irrilevante – scrive Tirelli nel 1997 – porre ancora oggi il problema dell’attualità o inattualità della pittura. Credo che uno degli aspetti positivi sia che, finalmente, non esista più un problema d’avanguardia rispetto al linguaggio, anche se resistono alla critica onde di attenzione al caldo o al freddo, termini che hanno ben poco a che fare con le tensioni dell’arte. I linguaggi, oggi, convivono e trovano nutrimento l’uno nell’altro. Il vero problema è quello della coerenza interna dei linguaggi. Ci sono idealità, paesaggi interiori, che si raccontano meglio in una forma che in un’altra”.

Lo spazio, la forma, la trasformazione, il fluire del tempo, sono aspetti da sempre fortemente connessi con la poetica di Tirelli. Il percorso dell’artista è caratterizzato dalle modalità di un itinerario, un percorso, che come egli stesso afferma, comincia, come in De Chirico, nella ricerca del mistero del visibile. Lo spazio che Tirelli costruisce nelle sue opere, è un luogo illusorio, la forma è pura sottrazione, elemento depurato e depurabile in cui il soggetto viene fissato nella sua ineluttabile evanescenza, la costruzione geometrica segna dunque un labile confine tra significato e significante. Un segno grafico, scultoreo e immanente delinea una logica razionale ma che di fatto diviene l’incipit per entrare nel mondo delle idee, il pensiero illuminato, umanesimo contemporaneo, che genera nel linguaggio impiegato da Tirelli, l’esegesi di un procedimento metafisico concreto, laddove la superficie del quadro è pensata come architettura di bisogni virtuali. L’artista procede nell’identificazione di due entità imperscrutabili: il flusso temporale e la percezione spaziale, ragion d’essere nella ricerca di inedite topografie concettuali.

Tirelli, riprendendo Cézanne, ci mostra la geometria segreta delle cose, quella perfezione formale che implica la sublimazione di un messaggio, laddove la rappresentazione si concretizza nella resa corporea di un’idea, nell’indagine mai univoca di un senso che si cela nella distanza sospesa tra le cose.

Fino al 22 luglio 2016, Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni 7, Roma; info: www.pastificiocerere.it