Tamara de Lempicka a Verona

Un’esplosione allestita nelle bellissime sale del piano nobile di Palazzo Forti a Verona, questa la mostra di Tamara de Lempicka. Oltre 200 opere per raccontare l’eccezionale avventura dell’artista: olii, disegni, fotografie, acquerelli, video e abiti, tra cui capolavori come Ritratto di Madame Perrot, La sciarpa blu, La bella Rafaëla del 1927. Analizzati i rapporti tra la sua arte e i linguaggi della fotografia e della moda, raccontata anche la capacità di rappresentare la vita moderna attraverso dipinti che sono diventati icone ed evidenziato anche l’aspetto della donna-artista, una figura femminile nuova, emancipata, disinibita e libera, del tutto rivoluzionaria per il suo tempo.

Se in passato alcune delle opere erano considerate scandalose al limite della censura oggi rappresentano un importante passo in avanti per descrivere la crescita artistica di Tamara, i quadri raccontano delle sue amanti con nudi pieni di sensualità per cui è conosciuta in tutto il mondo. I capolavori sono letti attraverso una musica che seduce il visitatore echeggiando nelle sale, infatti in ogni stanza suonano brani dei tempi e dei luoghi della pittrice, dalle canzoni che amò alle composizioni d’avanguardia degli anni Venti, nate in quella Parigi che fu il palcoscenico del successo della Lempicka. Inoltre in occasione di questa esposizione è stata inaugurata una nuova sala dedicata a Seduzione in musica, dove protagonista è l’approfondimento musicale del tema trattato in mostra arricchendo così l’esperienza del visitatore e sottolineando il legame tra arte e musica.

Il percorso si apre con I mondi di Tamara de Lempicka: un volo attraverso tutte le case in cui ha vissuto tra il 1916 e il 1980, tra l’anno del suo matrimonio a San Pietroburgo e l’anno della morte a Cuernavaca. I luoghi sono messi in relazione con la sua evoluzione artistica, partendo dagli acquerelli del periodo russo, alla ritrattistica degli anni Venti realizzata nei suoi ateliers parigini, alle opere dipinte a Beverly Hills nella grande villa in stile coloniale di King Vidor progettata dall’architetto Wallace Neff, a quelle degli anni Quaranta che rispecchiano gli arredamenti e il gusto della casa di New York. A seguire la sezione, Madame la Baroness, Modern medievalist, che prende il titolo da un articolo dei primi anni Quaranta uscito negli Stati Uniti, dove si esaltava la sua eccezionale e incontaminata tecnica, soprattutto nelle nature morte, primo genere in cui Tamara si cimenta fin dall’età adolescenziale e che raggiunge livelli unici negli anni Quaranta. Tra le opere, La conchiglia uno straordinario trompe-l’oeil del 1941, e alcuni dipinti dedicati alle mani, in cui riprende un soggetto al quale alcuni fotografi come Kertész, Kollar e Dora Maar, avevano dedicato particolare attenzione e oggi messi a confronto con i quadri. Mentre la sala The artist’s daughter, si riempie di tenerezza con i dipinti dedicati alla figlia Kizette che le portarono i maggiori riconoscimenti. Ricordiamo, Kizette al balcone, premiato nel 1927, e La comunicanda, premiato nel 1929, prestiti del Pompidou e del museo di Roubaix. Rimane una donna dalla natura ambivalente che si alterna tra trasgressione e un’insospettabile attenzione per la pittura sacra, ed è per questo che non poteva mancare una intera ala dedicata a Madonne e santi: dalla Vergine col Bambino, alla Vergine blu del 1934 direttamente da una prestigiosa collezione privata, al quadro preferito dalla Lempicka, La madre superiora del Musée des Beaux-Arts di Nantes.

Lo spazio dedicato alle Visioni amorose ci accompagna, attraverso eccezionali nudi, nella sua delicata e nascosta vita intima, presente anche l’unico nudo maschile da lei dipinto, e poi tutte le donne desiderate, con capolavori come La sottoveste rosa, La bella Rafaëla, Nudo con edifici. Qui è esposta anche la fonte pittorica dei suoi nudi, ovvero il dipinto Venere e Amore di Pontormo, in una versione cinquecentesca di manierista fiorentino.

In Scandalosa Tamara si affronta il tema della coppia, da quella eterosessuale ripresa dal Bacio di Hayez, alle coppie saffiche messe in relazione con alcuni documenti fotografici di Brassaï e Harlingue sui locali per sole donne dell’epoca. La sezione Dandy déco ospita per la prima volta tutti insieme i dipinti della Lempicka in cui appare evidente il suo rapporto con la moda del tempo. Provenienti da collezioni europee e americane e da musei francesi, nelle due sale dedicate a questo tema è possibile ammirare un disegno del 1920-1921, anni in cui faceva l’illustratrice di moda, inoltre Saint-Moritz del Musée des Beaux-Arts di Orléans, in cui la modella indossa una creazione di Jean Patou, La sciarpa blu, con l’immagine di una donna sportiva che indossa il basco di feltro, accessorio imposto dalle attrici preferite della Lempicka, Greta Garbo e Marlene Dietrich. Immancabile Ragazza in verde del Centre Pompidou, con un modello ripreso da Madeleine Vionnet. Un modo, questo, per illustrare anche le fonti di tutti i modelli di abiti e acconciature che sono stati individuati nel corso degli anni dalla curatrice Gioia Mori che per l’occasione ha voluto realizzare una seconda mostra all’interno dell’esposizione.

A Verona il pubblico parteciperà a un’inedita sfilata di abiti calzature e accessori dei decenni Venti e Trenta, scelti rispecchiando i gusti della Lempicka. In prima linea le foto realizzate per un’attività parallela svolta dall’artista fin dagli anni Trenta, l’indossatrice, immortalata dai massimi fotografi di moda, pensiamo a Madame d’Ora e Joffé a Maywald. I prestiti provengono da diverse fondazioni e istituzioni italiane: il Museo studio del tessuto della Fondazione Antonio Rattidi Como, che ha concesso diversi capi, tra cui un prezioso abito interamente ricamato con canutiglie; il Museo della moda di Ciliverghe, che tra i diversi materiali prestati ha concesso un abito bianco dei primi anni Trenta che rispecchia il complesso disegno dell’abito indossato nel dipinto Ritratto di Madame Perrot, e l’abito da sera che la cantante lirica Lina Cavalieri indossò nella serata di gala dell’aprile 1920 al Politeama di Lecce, quando dette il suo definitivo addio alle scene cantando La Traviata di Giuseppe Verdi. Non mancano alcune ricerche d’avanguardia: la Fondazione Biagiotti Cigna ha prestato l’abito futurista disegnato da Giacomo Balla intorno al 1930 per la figlia Luce. Una ricerca, quella di Balla, che sicuramente la Lempicka conosceva, vista la frequentazione con molte personalità del gruppo, tra cui Francesco Monarchi, uno degli autori nel 1933 del Manifesto futurista del cappello italiano, che con Prampolini la intervistò a Parigi nel 1929. L’abito di Balla è esposto accanto ad alcune eccentriche e geniali creazioni di quegli anni di Salvatore Ferragamo, dal Museo Salvatore Ferragamo di Firenze: le sue calzature sono piccole e preziose sculture, veri oggetti d’arte destinati a essere indossati da molte donne famose dell’epoca, come Indira Devi, Maharani di Cooch Behar.

Info: ‏www.arenamuseopera.com