Librografie su carta

Sono ispirati a personaggi di alcuni romanzi dei maggiori autori della letteratura italiana del Novecento i 20 ritratti esposti nella Casa delle letterature di Roma. Librografie, opere su carta di Gonzalo Orquín, a cura di Giorgia Calò e Maria Ida Gaeta, è la mostra nata e concepita per il luogo e propone un suggestivo dialogo tra arte e letteratura dimostrando quanto sia importante la capacità di immaginazione e quanto un personaggio letterario possa suggerire un aggancio con un uomo d’oggi.

Il lavoro di Orquín, artista spagnolo classe 1982, nasce in relazione alla lettura di commemori romanzi di grandi autori del Novecento italiano, quali Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Tommaso Landolfi, Carlo Levi, Giorgio Manganelli, Elsa Morante, Alberto Moravia, Anna Maria Ortese, Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini. Dopo la lettura di due libri per ciascun scrittore, Orquín ha realizzato ritratti di volti contemporanei – amici, conoscenti o persone incontrate per caso – individui che l’artista ha reputato adatte a interpretare nella contemporaneità un personaggio del romanzo.

Si presenta così come un intreccio tra segni e significati l’esperienza proposta dall’artista. Il tratto a matita, dei volti disegnati su carta, dialoga con le lettere di citazioni brevi tratte dai libri selezionati, abilmente ricamate in modo ritmico e cadenzato sotto ai volti, fino a divenire, legittimamente, titoli dei lavori di Orquín. In questo modo l’artista spiga la scelta: «Non ho cercato l’aforisma o la bella frase tanto per creare l’effetto, la sfida è stata piuttosto quella di trovare frasi, magari cortissime, perfino composte da un’unica parola, in grado di svolgere un doppio ruolo: evocare il mondo del romanziere e generare al tempo stesso nell’osservatore un effetto sorpresa, di straniamento di fronte a quei personaggi parlanti che dicono cose che possono sembrare a prima vista bizzarre, decontestualizzate, spiazzanti».

I suoi lavori si presentano dunque come un invito alla lettura dei libri per cercare di decodificare, come una sorta di rebus, gli indizi presenti attorno ai volti. Chi ha letto i testi ha l’abilità o le potenzialità di rintracciare il capitolo, la scena, l’azione, il personaggio della vicenda che ha detto o persino solamente pensato quella frase. .

Inoltre, un terso grado di significato è costituito dall’inserto cartaceo che trova spazio sul supporto stesso: ritagli di carta sono stati incollati sull’immagine e completano il riferimento al testo. Per esempio in ”Preferirei essere nato senza padre”, ispirato all’Isola di Arturo di Morante ,il ragazzo ha un piroscafo in testa, lo stesso che all’epoca faceva la tratta Napoli – Procida, imbarcazione che nel romanzo è simbolo di libertà e del contatto con il resto del mondo. Se nella Romana di Moravia, la protagonista Adriana sogna di andare sull’isola di Capri, Orquín inserisce un biglietto da visita della pensione I Faraglioni in testa alla ragazza nell’opera La sera non esco mai sola. Nel Barone rampante di Calvino, in una delle scene il barone sta stampando dei pamphlet quando alcuni scoiattoli gli rubarono la ”Q” trasformando quanto voleva dire in ”cuanto” e ”cuantunque”. Invece, nel romanzo di Ginzburg Caro Michele, nell’ultima lettera la madre del ragazzo si rivolge all’ex compagno del figlio (ormai morto) e ricorda una gita a Courmayeur e una canzone che faceva proprio ”Rumba-la Rumba-la Rumba-la”.

Anche l’artista stesso è entrato a far parte della sequenza di ritratti; il suo volto si trova al di sopra della citazione ”Il Suo Mestiere è Il Sognato” tratta da Centuria, la raccolta di cento romanzi fiume di Manganelli. In questo caso Orquín, artista sognatore, si concede una licenza: sceglie di inserire nel lavoro (indipendentemente dal testo di riferimento) una piccola riproduzione cartacea del Flauto di Pan (1923) di Pablo Picasso, omaggio a un compatriota e abilissimo artista, uno della sua cerchia dei preferiti. In un’intervista di qualche anno fa Orquín infatti annunciava: «Con Picasso ho un rapporto speciale, mi aiuta pensare a lui quando la voglia di lavorare viene meno, apro un suo catalogo e ciò mi incoraggia. Spesso mi capita di pensare se quello che stia facendo gli possa piacere o no. Sento la sua influenza come se fosse vivo».

Si tratta invece di un omaggio a Pasolini – di cui proprio il 2 novembre scorso si sono celebrati i quarant’anni dalla scomparsa – il grande lavoro ispirato a Teorema. Originalmente concepito come una tragedia in versi, il lavoro è stato sviluppato in un romanzo con versi e prosa che si alternano e poi in un film uscito nel 1968 che, nonostante l’ingombrante ideologismo metaforico e metastorico, è uno dei risultati filmici più originali di Pasolini. In ”E ora silenzio, i padroni stanno mangiando” appare una tavola imbandita priva dei suoi commensali, con cinque posti e un libro dalle pagine bianche aperto, sullo sfondo una periferia incorniciata da una grande finestra, anch’essa parte di questa tavola imbandita se, come dice Orquín: «In fondo la periferia è un tavolo molto ricco al quale attingere, potremmo anche dire che tutti hanno mangiato grazie a Pasolini, troppo si è scritto, detto, parlato».

Per il quarantennale dalla morte del grande intellettuale Pasolini la biblioteca ha organizzato anche una serie di incontri. Mercoledì 25 novembre alle ore 18.00 sarà presentato il libro Pasolini integrale di Gianni Borgna curato da Carla Benedetti (Castelvecchi editore); mentre giovedì 26 novembre, alla stessa ora, in occasione del finissage della mostra, si terrà la presentazione del catalogo Librografie/ritratti contemporanei con testi di Giorgia Calò, Maria Ida Gaeta, Filippo La Porta e Marco Vallora.

Fino al 26 novembre, Casa delle Letterature, piazza dell’orologio 3, Roma; info: www.casadelleletterature.it

 

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