Lacoonte e i suoi figli

Roma

Lacoonte e i suoi figli è la personale di Germano Serafini in corso nello spazio dell’Associaione culturale TRAleVOLTE di Roma in collaborazione con Giona Piacentini che ha scritto uno dei due testi critici, l’altro porta la firma di Paolo Violini, maestro restauratore dei musei Vaticani. La lotta contro il male intrapresa da Lacoonte per salvare i suoi due figli dalle spire dei serpenti marini Porcete e Caribea, di cui fu anche lui vittima, fa parte delle storie della tradizione occidentale narrate nell’Eneide. Il sacerdote troiano lottò con tutte le sue forze e soccombette. La drammaticità dell’episodio è riportata in vita dalle fotografie di Serafini che si focalizzano su alcuni particolari del gruppo scultoreo del Lacoonte, dovuto ad Agesandro, Atanodoro e Polidoro, oggi conservato nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani di Città del Vaticano e probabile copia romana di un originale greco.

L’idea che guida la scelta dei particolari fotografati si sposa con la volontà di costruzione architettonica dello spazio, così come le volte sono tenute in piedi da colonne, così le nostre gambe ci sorreggono, e proprio gli arti inferiori dei tre esseri umani del gruppo, stretti tra le spire dei mostri marini, sono protagonisti degli scatti dell’artista. Il chiaroscuro che sembra richiamare alla memoria le luci caravaggesche rende ancora più efficace l’effetto di drammaticità e sottolinea la volontà di una resa pittorica di estrema accuratezza che si manifesta con sfumature cromatiche. Le immagini sono stampate su pellicole e applicate su tavole, ad accentuare l’effetto pittorico, quasi fossero pale d’altare, e a rappresentare un’allusione alla funzione architettonica del legno. L’utilizzo dell’analogico, con la capacità di restituire una profondità di immagine raffinata, avvalorato poi dalla scanzione in alta definizione, ha facilitato la sperimentazione che Serafini ha intrapreso in questo progetto installativo.

Si tratta infatti di una vera e propria installazione fotografica: ci si trova di fronte a una regia scenografica grazie alla quale si dislocano quattro stampe di grandi dimensioni, mentre su di un desk particolari di queste sono presentati in piccolo. La percezione della dimensione creata nello spazio della galleria facilita la capacità dell’artista di rendere tridimensionale qualcosa che in realtà non lo è: la fotografia. La sensibilità istintiva e la sensibilità razionale si sono unite nella possibilità data di guardare alle immagini con una percezione di volumetria. Tutto ciò è accentuato dalle velature date alle fotografie che mantengono le imperfezioni del marmo e fanno sì che la carne fredda del materiale scultoreo prenda vita, si animi, pulsi sotto la materia. La staticità si trasforma in movimento portando alla sensazione di un atto che si sta compiendo sotto i nostri occhi. I particolari richiamano la totalità del gruppo scultoreo, ma allo stesso tempo sono dotati di autonomia assoluta: questo gioco crea un’atmosfera mobile ancora più intrigante.

Fino al 30 ottobre; Associazione culturale TRAleVOLTE, piazza di porta San Giovanni 10, Roma; info: www.tralevolte.org

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