Antropofagia simbiotica

Roma

Inaugura domani, 9 maggio, nella galleria Operativa arte contemporanea di Roma, la personale di Leonardo Petrucci, giovane artista toscano. Antropofagia simbiotica è il titolo della mostra. Il soggetto/oggetto di questo cannibalismo non è però l’uomo, come si potrebbe pensare, ma la mantide religiosa. Se infatti è noto a tutti che durante la riproduzione la femmina uccide il maschio, divorandolo, forse occorre spiegare che, in alchimia, questo atto di cannibalismo è considerato come parte di un processo di rinascita. Questa è la chiave di lettura fondamentale per entrare nel progetto mentale che l’artista propone nella galleria romana. Esposti lavori su tavola, una scultura ma anche vere e proprie mantidi vive che si appropriano, indisturbate, dello spazio a loro disposizione e che, aldilà del significato che ricoprono nell’universo alchemico, creano nella nostra realtà un triste parallelo con l’uomo contemporaneo e la sua natura cannibalesca che domina ogni tipo di rapporto sociale e personale. Forse, come diceva Voltaire, non siamo che «insetti che si divorano gli uni con gli altri sopra un piccolo atomo di fango», o forse, ci può essere ancora la possibilità di una rigenerazione. Per capirne di più abbiamo fatto qualche domanda all’artista.

Cosa dobbiamo aspettarci dalla mostra. Quali sono le opere presenti?

«La mostra si sviluppa solamente in due sale della galleria. Nella prima sono presenti due grandi disegni su tavola di legno e una scultura realizzata con una stampante 3D, mentre nella seconda sala è esposta una struttura in ferro che sorregge una pianta, nella quale si mimetizzeranno circa sette mantidi religiose, sia maschi che femmine».

Perché proprio la mantide? Cosa rappresenta per te?

«La mantide è un insetto molto affascinante. Data la sua forma, ricorda la figura dell’essere umano, ha la capacità di girare la testa per seguire con gli occhi ciò che richiama la sua attenzione e a differenza di tutti gli altri insetti che possono vedere, la mantide può guardare. Ovviamente la scelta di studiarla, rappresentarla e mostrarla è dettata dal fatto che incarna gran parte delle simbologie occulte del mondo degli opposti, e nel mio caso, allevandole da svariati mesi ed entrando in contatto con i loro ritmi e cicli vitali, ho realizzato che i due grandi opposti Vita – Morte, che per l’essere umano sono quasi agli antipodi, per la mantide tendono a fondersi in un unico momento: l’atto sessuale».

Antropofagia, misandria. Ne viene fuori una visione piuttosto cinica dei rapporti umani.

«È esattamente così! Credo che il cinismo sia una grande chiave di lettura per interpretare il caos della nostra contemporaneità. Non ce ne rendiamo conto, ma viviamo e conviviamo quotidianamente con persone cannibali che si cibano di ciò che siamo disposti a dare, divorano senza vomitare. Questo mi porta a pensare che forse fidarsi non è così un bene».

In alchimia, però, antropofagia vuol dire rinascita, rigenerazione e mutazione. In che modo la sopraffazione reciproca tra simili acquista un significato positivo?

«Direi che il termine antropofagia in alchimia lo si può intendere inizialmente più come unione e fusione, e successivamente rinascita. Per purificare la materia si deve per forza passare da uno stato di mortificazione (e non di morte), ed è proprio per questo che la natura cannibalica della mantide religiosa assume un valore simbolico-alchemico, in cui l’apparente sacrificio del maschio risulta essere necessario per la sopravvivenza della femmina durante il concepimento delle uova, innescando così un sistema di vita-morte-vita».

Il tuo percorso artistico è permeato dallo studio dell’alchimia. Com’è nato quest’interesse? Ci sono, o ci sono stati, artisti che ti hanno ispirato in tal senso?

«L’interesse per l’alchimia è sempre stato dentro di me, ho però saputo attribuirgli questo nome solamente durante i miei studi accademici, quando ho scoperto che esisteva una chiave di lettura della storia dell’arte molto più profonda e parallela a ciò che solitamente viene insegnato nei testi scolastici. Ci sono troppi artisti che mi hanno ispirato e continuano a farlo, ma sicuramente i miei maestri saranno sempre Leonardo da Vinci e Marcel Duchamp».

I tuoi lavori si possono definire per certi versi matematici. Quanto è importante la conoscenza scientifica nelle tue opere?

«Per quanto riguarda la mia ricerca artistica, la conoscenza scientifica è importantissima, ma non fondamentale. Mi piace approcciarmi al mondo matematico-scientifico con la curiosità che un bambino spesso ha nei confronti di ciò che ancora non conosce, ma preferisco non addentrarmi troppo nelle regole e formule che potrebbero nuocere alla spontaneità del mio lavoro».

Torniamo alla mostra: le mantidi vagheranno libere per la sala. Rischiamo un’antropofagia “in diretta”?

«Se avverrà l’atto di cannibalismo tra le mantidi questo è difficile dirlo, ci sono troppi fattori da prendere in considerazione. Sicuramente sarebbe la soluzione finale della mostra, ma mi piace pensare che il mio intervento non sia così influente per il loro ciclo vitale, non faccio altro che metterle a contatto le une con le altre, poi ciò che deve accadere accade».

Leonardo Petrucci (Grosseto 1986) vive e lavora a Roma. Diplomatosi nel 2009 all’accademia di Belle arti di Roma, nel 2013 è invitato al Macro Testaccio nella colletiva Ortica, Organic Theme in Contemporary Art a cura di Artnoise; nello stesso anno espone alla Temple university di Roma nella mostra Unisono, e al progetto collettivo Il peso della mia luce e partecipa alla residenza Studi di Armonia, cantiere didattico con Alfredo Pirri al Centro visita cupone nel parco nazionale della Sila e a Camigliatello Silano (Cosenza).

Dal 9 maggio al 15 giugno, Operativa arte contemporanea, Roma, info: www.operativa-arte.com

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