Omaggio a Rodolfo Fiorenza

Si celebra un anno dalla scomparsa del fotografo Rodolfo Fiorenza, personalità dalla grande sensibilità umana e creativa. In questa occasione viene aperto, grazie a Cecilia Fiorenza e Giovanna Martellotti, il suo studio a San Lorenzo dove sono presentati tutti i cicli di lavori sviluppati dalla metà degli anni ‘70, anche in previsione dello spostamento del suo archivio in largo Magnagrecia 20. Lo studio di Rodolfo è sempre stato frequentato da amici, colleghi, curatori, critici, che in occasione dell’inaugurazione si sono riuniti per rendergli omaggio: erano presenti, fra gli altri, Francesco e Daniela Nucci, Oliviero Rainaldi, Claudio Abate, Davide Orlandi Dormino, e molti altri. Fiorenza ha frequentato l’accademia di Belle arti, è nato come pittore; della tecnica pittorica, che non abbandonerà mai anche solo idealmente, rimangono i suoi taccuini, espressione di una fantasia libera tendente all’astrazione. Nelle sue fotografie è imprescindibile l’attenzione al gioco fra luci e ombre. Le ombre creano densità e profondità accarezzando le forme, mentre la luce rende la nitidezza che si rivela nei particolari. Lavorava prevalentemente con il bianco e nero. Molti gli scatti in Sicilia, a Matera, negli Stati Uniti. Nella serie fotografica sulla Cappadocia ha realizzato paesaggi sentiti come se fossero vivi: la creatività intima e intrinseca è accompagnata da un afflato poetico; sono sinuosi e strutturati, e allo stesso tempo semplici. La serie sulle mura romane lo vede approcciare alle immagini con severità e romanticismo: le mura sono essenzialmente monolitiche ma si rivelano come espressive e comunicative di un passato che porta con sé, ancora, la sua ingombranza. Fiorenza è celebre per i ritratti fotografici, fra i più pregnanti quelli a Jimmy Durham, Dennis Oppenhaim, Pietro Consagra, Pedro Cabrita Reis, Cucchi e Nagasawa, e il suo autoritratto. Esposto nel suo studio anche il prototipo di una delle opere di Sulla soglia, progetto realizzato alla Fondazione Volume! nel 2009: la bidimensionalità della fotografia sui sassi posta all’interno di una porta aperta rende una materia talmente viva da alludere a una tridimensionalità. Così come tendente alla tridimensionalità è l’opera accanto in cui l’artista ha usato una base fotografica su cui è intervenuto con polvere di marmo nero ebano. Roma ritorna negli scatti della serie Notte obliqua dal sapore di nespola, questa volta a colori. Qui le immagini della città sono rese con una tecnica che le rende mosse e che approfondisce il senso di una operazione raffinata e sottile: l’immagine diventa simbolo che assume una sensazione di nostalgia del significante. Nell’ultimo ciclo di opere ritorna il bianco e nero: le pietre della capitale, in Le pietre del Pantheon, diventano protagoniste; le inquadrature sono assolutamente soggettive, si acquisisce il senso di un lavoro che va a fermare il tempo donando il particolare che sfugge ad una prima visione. Esposto nello studio solo uno dei nudi di Fiorenza: un amalgamarsi di forme che si sfiorano, evanescenti. Fra le ultime mostre  importanti: Trentanove ritratti più uno al Castello di Rivara a Torino e l’ultima partecipazione al Festival internazionale della Fotografia Roma al Macro Mattatoio con la serie Ombre. Di segni altrove, entrambe del 2011. Info: www.rodolfofiorenza.com