Melandri al Maxxi: è polemica

Roma

«Non ho la più pallida idea di chi sarà il nuovo presidente del Maxxi», recitava – con aria anche abbastanza credibile – Antonia Pasqua Recchia, commissaria straordinaria del museo del XXI secolo, solo un paio di giorni fa alla presentazione dei dati sul bilancio del centro d’arte contemporanea di via Guido Reni. È ancora tutto da decidere: «Sicuramente la persona che verrà incaricata sarà scelta tra una rosa di personalità di prestigio ma soprattutto capaci», dichiarava la Recchia. Eppure già questa mattina, aprendo il Corriere della Sera, Paolo Conti dava per certa una notizia destinata ad alzare un polverone: il ministro Lorenzo Ornaghi avrebbe nominato – nella tarda serata di ieri – Giovanna Melandri a capo della fondazione Maxxi. Quella che per molti sembrava apparire come un’indiscrezione tutta da confermare adesso è diventata una certezza. La deputata Pd, già ministro dei Beni e delle attività culturali dal 1998 al 2001 e promotrice della legge n. 237 del 1999, istitutiva del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee – ossia il primo nucleo del Maxxi – ha ricevuto davvero la benedizione di Ornaghi e dal 31 ottobre, data in cui la Recchia riconsegnerà le chiavi di commissaria straordinaria, siederà a capo della fondazione Maxxi.

L’annuncio ufficiale della nuova presidenza sarà dato il 23 ottobre in una conferenza stampa nella quale – si promette – verranno spiegate le linee guida che l’ormai non più giovane “pasionaria” intenderà seguire. Immediate le reazioni, politiche soprattutto, perché la nomina “a sorpresa” della Melandri è a tutti gli effetti un vero affare di palazzo a cui il governo di Mario Monti, nella figura del ministro Lorenzo Ornaghi, si è piegato. E così, se da una parte ad appoggiare la nomina della donna dalemiana è il senatore Francesco Rutelli, che con lei divise e contribuì ai tempi della sua permanenza a via del Collegio romano a gettar le basi per la realizzazione del museo, di tutt’altro parere è il centro-destra. Sostanzialmente, al di là delle polemiche tra partiti, la nomina di Giovanna Melandri contribuisce a mischiare ancor di più, rendendo tanto visibile quanto imbarazzante, il potere che esercita la politica anche in fatto di cultura. Molti azzardano, infatti, l’ipotesi che la nomina non sia altro se non un “posizionamento” in vista delle prossime elezioni politiche, elezioni a cui la Melandri sembrerebbe lasciare il passo dopo cinque legislature e che, però, priverebbero la deputata di un “posto di lavoro”. E allora se lo scranno in Parlamento dovesse vacillare, almeno la poltrona di presidente della fondazione Maxxi garantirebbe alla Melandri un futuro proporzionato in termini economici e di prestigio rispetto al passato. Dal Senato, il capugroppo del Pdl, Maurizio Gasparri parla di «scelta sbagliata, sia sotto il profilo politico che della competenza. Un episodio di inspiegabile e selvaggia lottizzazione». A fargli eco la deputata azzurra Barbara Saltamartini che, senza troppo tergiversare, parla di una vera manovra politica: annunciare, come ha fatto Walter Veltroni, di non ricandidarsi alle politiche «quando si ha la sicurezza di una nomina già pronta da parte del ministro Ornaghi» è molto facile. Intanto la Melandri, in una nota, ringrazia il ministro e conferma la sua nuova carica. «Lavorerò con passione e dedizione per l’affermazione nazionale e internazionale del museo». C’è solo da augurarselo.