Rotella: togliere per vedere

Il 23 giugno si è inaugurata la mostra Mimmo Rotella. Dallo strappo all’immagine, aprendo la stagione espositiva del Tomav, Torre di Moresco centro arti visive, la splendida torre eptagonale destinata all’arte contemporanea. La mostra promossa dall’Assessorato alla cultura di Moresco e patrocinata dalla provincia di Fermo in collaborazione con la galleria Fabjbasaglia e Giusti Brokerage art&economy, offre l’opportunità di vedere le opere dell’artista, padre della Mec Art omaggiato dal panorama nazionale e internazionale, che dal dopoguerra fino agli ultimi anni della sua vita ha sviluppato una ricerca tesa a indagare le possibilità poetiche dell’immagine riprodotta. La mostra è curata da Antonella Micaletti, che introduce con un testo critico l’esposizione: “Mimmo Rotella ha sperimentato una tecnica raffinata partendo da un gesto semplice e ha realizzato un modo nuovo di costruire l’immagine partendo da un gesto distruttivo. È tutto più evidente proprio nei lavori degli anni ’90, in mostra al Tomav. La tecnica è quella che lo ha reso famoso e che ha cambiato il nostro modo di guardare le immagini, il dècollage, che lo ha portato a staccare dal muro manifesti pubblicitari per ricomporli su supporti diversi, tele e pannelli metallici, lasciando intravedere gli strappi e la sovrapposizione delle immagini sui muri nel tempo. Poi negli anni ’90 il tema si è arricchito: dai manifesti del cinema con i suoi miti e i suoi sogni, alle immagini di fiori, di frutta e di corpi perfetti della pubblicità. Ma fondamentalmente è la struttura compositiva a essere cambiata, così che l’impatto dell’immagine è nuovo.”

Mimmo Rotella (Catanzaro 7 ottobre 1918 – Milano 9 gennaio 2006) si stabilisce a Roma nel 1945 dopo aver conseguito la maturità artistica presso l’accademia di Belle arti di Napoli, opera ai margini della contemporaneità artistica e non beneficia del favore della critica. Lui fa parte di quella generazione di artisti che ricerca il senso delle cose andando a togliere per vedere, ma ben presto entra in crisi e nel 1953 interrompe l’attività pittorica convinto che nell’arte tutto sia stato detto. Poi però, mentre girovaga per le strade di Roma, ha quella improvvisa illuminazione, da lui definita “zen”: la scoperta del manifesto pubblicitario come espressione artistica della città. Nascono così i suoi famosi dècollages: incolla sulla tela pezzi di manifesti strappati per strada, prendendo in prestito la tecnica del collage dai cubisti contaminandolo con la matrice dadaista del ready made. Questo inedito modo di fare arte segna l’inizio della nuova pittura per l’artista, una pittura originale, creata dal gesto aggressivo e casuale dello strappo, una pittura popolare che si nutre di dive del cinema, di miti, e di pubblicità, in una parola, di folclore urbano. Chi comprese subito l’importanza della sua arte fu , poeta, traduttore e critico militante, lo si evince da un articolo apparso sulla Repubblica del 24 giugno del 2002 nel quale lo stesso Rotella si racconta: “Non ci accorgiamo che le nostre città sono esse stesse dei capolavori. Strappare manifesti dai muri è la sola compensazione, l’unico modo di protestare contro una società che ha perduto il gusto del cambiamento e delle trasformazioni favolose. Emilio Villa, una sera venne a trovarmi a casa. Vide i dècollages e mi disse: «Rotella, stai inventando un linguaggio artistico nuovo, che va al di là della pittura, e con questo strappo inventi un nuovo spazio, come Fontana con i buchi e i tagli, e Burri con le cuciture dei sacchi.» Mi invitò a esporre in un barcone sul Tevere. Da allora non ho mai smesso.”

Con i suoi manifesti lacerati, abusati, e ri-creati nel 1954 Rotella immette precoci fermenti neodada e novorealisti, in un ambito in cui l’arte Informale fa da padrona e dove l’unica variante tecnica al pittorico era quella eccezionale di Burri e Fontana. Infatti, solo nel ’59 la mostra alla storica galleria La Salita di Roma, consacrerà finalmente l’arte di Mimmo Rotella e la sua capacità di rappresentare la società contemporanea attraverso la manipolazione di un suo stesso prodotto, il manifesto. Il suo geniale intuito lo porta a capire che le forme dell’arte sono davanti agli occhi di tutti, basta saper attendere che la realtà parli. I manifesti strappati sono l’icona del nostro tempo consumistico, conservano un’immagine ancora accattivante nonostante la perdita d’integrità perchè vivono nella nostra immaginazione. Le opere suscitano scandalo e sorpresa nel clima effervescente della Roma del tempo, ma il suo sperimentalismo tecnico attua propositivamente il tutto è possibile dell’avanguardia storica. Ecco dunque una interessante testimonianza dell’evoluzione dei dècollages in mostra al Tomav.

fino al 22 luglio

Tomav, piazza Castello 15, Moresco

info: www.comune.moresco.fm.it