Nina Fischer & Maroan el Sani

Cosa rimane nella memoria dei giapponesi dopo Fukushima? Come vive la minaccia nucleare la popolazione del Giappone? Quali cambiamenti ha portato l’11 marzo 2011? Sono alcune delle domande che si sono posti gli artisti Nina Fischer & Maroan el Sani nella loro videoinstallazione Spirits closing their eyes del 2012 in anteprima europea alla Berlinale di quest’anno e in anteprima italiana alla galleria Marie-Laure Fleisch dal 18 febbraio. Il lavoro dei due artisti tedeschi, che formano un duo dal 1995, si è sempre basato sui cambiamenti sociali e culturali; questa opera indaga in maniera profonda le mutazioni dopo una tragedia che ha sconvolto il mondo intero: lo tzunami in Giappone del 2011 che ha portato al disastro nucleare di Fukushima. Il titolo del lavoro prende a prestito la parola Spirits da una storia, raccontata ai due artisti da un artista giapponese, secondo cui, dopo lo tzunami, gli spiriti religiosi hanno abbandonato i loro luoghi, che sono stati distrutti; mentre Closing Their Eyes si riferisce al fatto che molti in Giappone hanno preferito chiudere gli occhi di fronte ai pericoli delle radiazioni per non andare contro la versione ufficiale del governo che negava questi pericoli. La videoinstallazione è in tre canali: tre tipologie di immagini diverse, tutte girate in Giappone, si alternano attraverso combinazioni dovute a un sistema di software creato da Fischer & el Sani che funziona tramite venti parole chiave di collegamento fra ogni immagine che appare su ogni schermo. Una serie di riprese è costituita da interviste che raccontano le difficoltà di vita, il modo di relazionarsi con il proprio territorio e con le proprie abitudini, la convivenza con la paura, dopo la catastrofe. Varie le testimonianze: da artisti che hanno creato un festival nelle zone sottoposte a contaminazione, a ricercatori che parlano di come stanno realizzando sistemi economici per contrastare il pericolo delle radiazioni. Un’altra serie di immagini consiste in paesaggi naturali o urbani e interni domestici.

L’ultima sequenza di riprese è formata dai ritratti degli intervistati che stanno davanti alla telecamera in silenzio, per un minuto, riflettendo sul futuro che li aspetta. Nina Fischer dichiara che: «ogni tipologia di immagine ha lo stesso peso, anche se l’intervista è il momento iniziale al quale poi si legano i ritratti e i paesaggi.» Il senso dell’operazione è una documentazione poetica che come dice la Fischer: «rimane in una memoria collettiva per non dimenticare, che si origina dalle memorie individuali di tutte le storie raccontate, come in un puzzle. Tutto ciò, al di là della versione ufficiale del governo. La volontà è di analizzare le conseguenze non visibili delle radiazioni: nel paesaggio e nei volti non si vedono cambiamenti, non vedi la catastrofe, solo quando senti le storie ti accorgi della realtà; la sfida è far vedere l’invisibile.» La documentazione parla di un momento preciso:«siamo andati in Giappone sei mesi dopo Fukushima – racconta l’artista – abbiamo stabilito questo periodo perché prima di allora i giapponesi non avrebbero avuto tempo per riflette con il giusto distacco e dopo sei mesi ancora esistevano ricordi ben precisi e dettagliati. Allora c’era anche una speranza di cambiamento sul nucleare, la società iniziava a parlare del problema per poterlo risolvere, purtroppo il nuovo governo non ha cambiato politica su questo tema, ma qualcosa è comunque cambiato nella mentalità dei giapponesi che ora cercano una risoluzione a partire da loro stessi.» Nina Fischer & Maroan el Sani hanno partecipato alle più importanti manifestazioni artistiche in tutto il mondo: Media city seoul biennale del 2012 , Istanbul biennale del 2007, Manifesta 4, Sydney biennale nel 2002, Liverpool biennale del 1999. Hanno esposto al Maxxi di Roma nel 2011. Tante le loro personali in prestigiose sedi espositive a Berlino, in Giappone, in Svizzera e ad Amsterdam.

Fino 20 aprile; Galleria Marie-Laure Fleisch, vicolo Sforza Cesarini 3A, Roma; info: www.galleriamlf.com

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