Astrea di Gian Luca Beccari

Gian Luca Beccari crea videoinstallazioni interattive, cortometraggi sperimentali, video live set, fotografie e lavora nel teatro. Nasce come pittore e ricorda: «Da ragazzino frequentavo lo studio di un pittore che mi ha insegnato la tecnica dell’olio su tela e il rapporto fra colore e materia, forma e significato. Poi ho viaggiato molto ed ho imparato dai movimenti artistici del ‘900. Ciò che faccio oggi non è altro che un’evoluzione di quella stessa ricerca di allora». Si è diplomato all’accademia di Belle arti di Bologna e in seguito ha frequentato la faculty of art media and design di Bristol. Ha collaborato con Paolo Rosa da cui ha appreso il suo metodo di lavoro, scientifico. Un altro incontro fondamentale è stato con Jurgen Muller, regista della Fura dels Baus, che gli ha rivelato il significato del teatro e della letteratura classica. Fra le sue opere più importanti Beccari ricorda Grid: «era una grande videoinstallazione interattiva presentata al palazzo delle Esposizioni in una mostra che indagava la percezione della velocità nel ‘900 partendo dal futurismo. L’istituto nazionale di fisica nucleare mi ha fornito gli elementi su cui lavorare ed ho cercato di tradurli perché arrivassero al pubblico dal lato emozionale. La videoproiezione, sonorizzata con l’elaborazione elettronica della voce soprano di Luisa Cottifogli, era a 360° e si attivava quando gli spettatori entravano in un fascio di luce verde». Invece Argilla, altro lavoro importante, nasce come flash mob nel 1998: «Nei giardini della Biennale di Venezia ci siamo denudati, cosparsi di argilla blu e abbiamo visitato i padiglioni per circa due ore prima di essere inseguiti dalla polizia. È diventato poi un lavoro sulla “maschera”, attraverso una decina di action: un personaggio inventato esiste grazie ai video che lo provano: si parla di identità multipla e corpo elettronico, reso codice binario». Il video che qui presentiamo si chiama Astrea e fa parte di un ciclo di opere ispirate alle Metamorfosi di Ovidio, Beccari commenta: «Avevo già lavorato su alcuni testi classici greci e volevo esplorare i latini, contemporaneamente le riflessioni ontologiche mi portavano a pensare che una delle condizioni dell’esistere è il divenire. Le Metamorfosi di Ovidio furono una lettura conseguente e trovai il poema molto attuale, in alcuni passi sembrava descrivesse esattamente la società contemporanea, in altri potevo scorgere l’essenza metafisica delle cose». L’artista racconta la storia espressa nel video: «Astrea (Dike per i greci) è la Dea che durante l’età dell’oro insegnava agli uomini la bontà e la giustizia, fu l’ultima ad abbandonare il nostro pianeta, per trasformarsi in costellazione della vergine, all’inizio dell’età del ferro a causa delle violenze che imperversavano». E continua: «L’ho immaginata mentre passeggia per l’ultima volta su di una spiaggia, a lei stava a cuore la Terra quindi se ne va con un carico di melanconia ma con la determinazione e la serenità di una dea. In uno spazio surreale, senza tempo, avvolto dalla fredda nebbia dorata di un’epoca esistente. La telecamera la insegue cercando di trattenerla senza riuscire ad afferrarla. Cercando disperatamente di accontentarsi della sua immagine». Il falco che vola è un messaggero che pone in relazione il mondo materiale e quello dell’iperurano. La protagonista è vestita di bianco come le dee classiche, la sua veste bianca è quella dei partecipanti ai riti orfici. Beccari aggiunge:  «Ho scelto di rappresentare la storia nel Delta del Po perché più che un luogo è una eterotopia. Un non luogo sospeso fra terra, acqua e cielo, dove i contorni sono sfumati dalla grande inclinazione metafisica». E conclude:«La musica è di Eugenio Squarcia perché ho capito subito che avrei potuto usare delle sue composizioni per i miei lavori forse anche per la loro atmosfera crepuscolare oltre che per il suo interesse verso l’arte».

 

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