Fourth Generation: incontro con Michelangelo Pistoletto

Uno spaccato delle principali fasi che hanno attraversato il lavoro di Pistoletto, dagli anni Sessanta fino al Tezo Paradiso

In occasione della personale di Michelangelo Pistoletto Quarta Generazione in corso alla Galleria Cukrarna di Ljubljana fino al 5 marzo 2023, il 21 novembre presso la sede di RAM – radioartemobile, si è tenuto l’incontro con l’artista insieme a Blaž Peršin, direttore di MGML Museum and Galleries of Ljubljana e Bartolomeo Pietromarchi, direttore MAXXI Arte.
Gli ospiti sono stati accolti da accolti da Dora Stiefelmeier e Mario Pieroni, storici galleristi impegnati da anni nella ricerca e nel mecenatismo culturale, i quali con la loro associazione Zerynthia Associazione per l’Arte Contemporanea a Roma, hanno collaborato alla realizzazione della mostra dedicata a Pistoletto alla galleria di Ljubljana. I due mecenati sono legati all’artista da una collaborazione pluriennale e da una longeva amicizia. 

Michelangelo Pistoletto. Credit Gino Di Paolo

Quarta Generazione, offre uno spaccato delle fasi principali del lavoro di Pistoletto a partire dagli anni ’60, con particolare attenzione al suo periodo “oscuro”, da cui nasce l’idea di questa mostra, sia per la selezione delle opere che per la drammaturgia dell’allestimento, anche il titolo fa riferimento a questa fase che ha determinato in maniera cruciale la successiva pratica dell’artista.
Tra le opere anche una selezione dei Quadri specchianti, che vanno da un autoritratto del 1961 alle più recenti integrazioni, poi gli Oggetti in meno (1965–66), che furono i primi segnali delle tendenze del movimento dell’Arte Povera, e ancora opere come la Venere degli stracci (1967) e infine le sculture bianche degli anni ’80. La mostra si conclude con il Terzo Paradiso, progetto che dal 2003 è al centro della ricerca dell’artista.

Attraverso la mostra di Ljubljana, Pistoletto ha realizzato per la prima volta una riflessione personale su tutto il suo percorso artistico. «Io voglio essere testimone di questo grande incontro – ha esordito l’artista durante l’incontro – ovvero sia quello tra la galleria di Pieroni e la città di Ljubljana, due mondi diversi che si sono uniti, sia quello tra tempi diversi, cioè gli anni 80 e l’oggi, entrambi periodi bui in cui c’è bisogno di nuove certezze. Non mi sento protagonista – continua – perché stiamo tutti vivendo un protagonismo comune, in un tempo specifico che è l’oggi, in cui è necessario realizzare una co-autorialità creativa per arrivare a qualcosa di diverso e nuovo».

Pistoletto ha raccontato di aver imparato la pittura e il restauro, nonché tutta la storia dell’arte dai primitivi ai suoi giorni dal padre, il quale avendo perso l’udito a 8 anni, aveva trovato nel disegno e nell’arte una manifestazione essenziale, divenendo pittore classico e restauratore. La madre, invece, ha spinto l’artista verso la pubblicità, ritenendola l’arte del futuro, iscrivendolo alla scuola del miglior pubblicitario dell’epoca di Torino, Armando Testa. Qui Pistoletto ha imparato l’arte moderna, ritenuta da Testa la base per divenire un bravo pubblicitario. «L’arte moderna volva dire lasciare una traccia – racconta l’artista – la tua traccia. E mi sono chiesto quale era la mia traccia. Cosa poteva lasciare e perché dovevo farlo. A cosa sarebbe servito. Questa libertà massima di essere io responsabile della mia traccia, mi ha addossato la responsabilità di quello che non mi è stato dato dalla società. Dovevo trovare da solo la mia traccia. Allora ho considerato di poter fare un segno, ma questo è qualcosa voluta da me, un’imposizione. Dal momento in cui farò il segno, sarò riconosciuto come una mia identità. Ma io volevo sapere chi ero, perché ero, cosa ero, dove ero e perché mi capitavano determinate cose, perché ero inserito in tutto questo? Mi sono assunto una responsabilità e ho detto: l’unico modo per accertarmi che esisto è l’autoritratto, poiché in questo modo mi vedo dentro lo specchio e non mi posso negare. Io ci sono e non solo perché mi tocco, ma perché mi vedo. Lo specchio è totale, c’è tutto dentro lo specchio. Lo specchio è arte».

Michelangelo Pistoletto. Credit Gino Di Paolo

Nascono cosi i Quadri specchianti, i quali oltre ade essere l’autoritratto dell’artista, lo diventano anche per tutti coloro che si specchiano. Il concetto di generazioni, oggi aspetto molto importante e sul quale si gioca il futuro,  emerge con i lavori scuri: «È venuto fuori – spiega Pistoletto – perché mi sono reso conto che stavo facendo qualche cosa che non era coerente con quello che poteva essere il naturale sviluppo dei quadri specchianti. Non seguivo un filo conduttore o situazioni pre determinate, bensì ho fatto un balzo in avanti, un qual cosa che non c’entrava nulla con il precedente. A quel punto ho detto: io sono libero di fronte a me stesso, come è libero un figlio difronte al padre. Ho imparato da me stesso, sono divenuto il mio maestro, ma poi mi sono ribellato a me stesso. Sono il mio maestro ma devo anche trovare la mia strada, che non è più quella di Pistoletto ma è quella di un altro, che sono sempre io ma sono un altro, sono mio figlio e mio allievo». Questa operazione era già stata realizzata con gli Oggetti in meno, che rappresentano la seconda generazione.

Nella quarta generazione ha colorato di nero una cassa per trasportare le opere d’arte e l’ha trafitta con la scritta “Arte dello Squallore. Michelangelo Pistoletto quarta generazione”. «Lo squallore – riporta – è terrificante, chiuso e duro, e in quel periodo, gli anni Ottanta, vivevamo un momento così. Cosa sono in questo momento, mi sono chiesto. Sono entrato in quella generazione dimenticandomi chi ero, il mio stile, quello che avevo fatto. Sentivo questo bisogno cosmico, e ho pensato che questo nero doveva avere un senso perché stava concentrando tutta la nostra visione di luce. Era qualcosa di sordido. Così ho deciso di realizzare dei buchi neri, una massa che concentra tutta la luce e la assorbe. Anche un tunnel è un buco nero e io non vedevo l’ora di uscirne. Quando sei in un tunnel nero hai l’idea della luce che ti possiede, ma allo stesso tempo ti esclude e da essa sei escluso. Oggi ci troviamo a vivere in un periodo nero, questo mi ha spinto a presentare nuovamente quelle opere. È terrificante che, nonostante siamo andati avanti temporalmente, c’è un ritorno al passato dal punto di vista sociale». 

Dal punto di vista storico-artistico, Pistoletto resta uno dei massimi esponenti dell’Arte Povera, movimento, nato nel 1967 e denominato dal teorico, critico e curatore dell’arte italiano Germano Celant, come contestazione dei valori consumistici del mondo politico, economico e artistico dell’epoca, distanziandosi dall’uso di materiali e metodi tradizionali nell’arte. Gli Oggetti in meno realizzati dal maestro sono un primo esempio della divergenza tra la produzione di oggetti d’arte commercialmente attraenti e le aspettative e le richieste del mercato dell’arte. «Gli Oggetti in meno sono stati realizzati prima della nascita dell’Arte Povera – afferma l’artista – Essi nascono dalla necessita di eliminare il mio marchio. Per poter avere la massima autonomia non dovevo avere un segno mio. Ogni lavoro che facevo rispondeva a un bisogno specifico di quel momento, non mi interessava se fosse coerente con quello che avevo fatto in precedenza o con quello che avrei fatto in futuro. Il mio lavoro in quel dato momento era quello e basta. Ogni istate cambia il lavoro, e tutto quello facevo era possibile, poiché nell’universo del possibile non c’è niente di escludente. Io prendo dal possibile e il mio atto diventa essere. L’universo non esclude niente, ed in esso c’è un continuo passaggio dal possibile all’essere, perché se rimanesse solo possibile l’universo non esisterebbe in quanto è fatto di essere. Questo passaggio avviene grazie a una germinazione dell’istante, che per me rappresentava il motore, l’atto creativo. Ogni lavoro che realizzo non viene fuori diverso per una mia decisione, non c’è una pre ordinazione, ma è una evoluzione naturale. La stessa arte povera è basata su concetto di essere e non di rappresentazione di una condizione».

La terza generazione è rappresentata dalle sculture bianche, che nascono anche esse come indipendenti da un processo lineare. «Per me rappresentano la memoria – dichiara l’artista – la quale era un elemento fondante già nei Quadri specchianti. La memoria in generale e quella dell’arte nello specifico è fondamentale, poiché senza di essa lo specchio sarebbe rimasto un banale specchio, invece ha acquistato il senso di tutta la storia dell’arte, e l’immagine di un istante che perdura nel tempo». 
Esposto in mostra alla Galleria Cukrarna vi è un un grande disegno murale site specific lungo 70 metri realizzato da quattro studenti dell’Accademia di Belle Arte di Ljubljana, sotto la guida dell’artista, il cui intento è stato quello di far sparire ogni traccia personale dei singoli artisti, dando vita ad un buco nero che assorbe tutto. «È l’anti-materia. Questa è la quarta generazione».

La mostra, così come la conversazione, si conclude con il Terzo Paradiso, progetto che dal 2003 è al centro dell’attenzione creativa dell’artista. Simbolo del progetto è una riconfigurazione del segno matematico dell’infinito. Mettendo la vita al centro dell’infinito, l’artista usa il simbolo per riflettere sulla diversità delle relazioni umane e per sottolineare l’importanza della riconciliazione, della responsabilità individuale e quella per i nostri prossimi e per la natura. «Il simbolo dell’infinito è ottenuto da una linea che incrocia se stessa, e il punto di incontro ed incrocio rappresenta il presente, che dura solo un istante ma è anche infinito poiché non ha fine, c’è sempre un passaggio continuo. È un passaggio che avviene perché ho tagliato il punto di incrocio, pensando che fosse rappresentato dallo zero, ed ho ottenuto due parti: 1 e 1, che rappresentano la dualità. Tutto esiste per dualità. Due elementi che possono configgere o trovare armonia, ma in ogni caso producono al centro un terzo elemento che prima non esisteva: 1 ed 1 divengono 3. Il terzo elemento è la creazione, poiché non esisteva in precedenza. Per ottenere questo segno, questo allargamento, ho incrociato due volte la linea dell’infinito, ottenendo un cerchio centrale, che da un minimo cresce, cosi come ha fatto l’universo dopo la prima scintilla del big bang e si apre e continuerà a farlo fino a quando avrà la possibilità di creare la dualità del contrasto».