Il mondo nascosto del bianco, la collettiva di Puno Barillà, Emanuela Fiorelli, Paolo Radi e Jukhee Kwon

Orvieto

“La mostra Il mondo nascosto del bianco”, scrive la curatrice Vittoria Biasi – trae ispirazione dalla spiritualità, dalla luce del paesaggio umbro che si consegna alla storia come rito, essenza in cui uomini, di ogni lingua e tempo, si riconoscono”. L’esposizione si terrà alla Tenuta Ponziani, situata alle pendici del Monte Peglia – Riserva mondiale della biosfera MAB-UNESCO – e a pochi chilometri da Orvieto fino al 31 agosto 2021, sotto il patrocinio del Comune di Orvieto. Alla collettiva partecipano Pino Barillà con “Spazio Metallico. Ottavo bianco”, Emanuela Fiorelli, Paolo Radi e Jukhee Kwon.

La mostra si ispira al libro Lettres d’or di Christian Bobin che pone l’accento, con le sue poesie, sulla luce naturale che permette di illuminare fili d’erba e foglie rendendole argentee, come succede anche nella campagna umbra, mentre la luce artificiale allontana dalla natura. Il colore bianco, su cui si incentra l’esposizione, ha un’origine mitica e rituale che fa sì che i popoli si riconoscano in esso. Tutti gli artisti che partecipano prediligono il bianco nei loro linguaggi personali. Pino Barillà crea obelischi che avvolge con corde o con fili metallici e che seguono una proporzione numerica derivata da uno studio su rapporti numerici spaziali.

Il presente è la zona intermedia su cui si concentra attivando strutture spazio-temporali che seguono un ragionamento con differenti sequenze numeriche. Emanuela Fiorelli lavora con il filo che intesse nella tarlatana congiungendo mondo animale e mondo vegetale nella ricerca di una profondità spirituale che si può generare anche dal vuoto. L’identità e la relazione con il reale la portano a diffondere una forte energia. Mentre il tempo della propria esistenza e quella dell’infinito spaziale, uniti dalla luce che brilla sul fondo, sono al centro delle opere di Paolo Radi. La congiunzione tra materiale ed immateriale si esprime nella formulazione di un orizzonte che dal buio porti alla luce invitandoci ad approfondire lo sguardo interiore che si concretizza in un viaggio intimo. Jukhee Kwon lavora sulle parole tratte da libri. La sua installazione è incentrata su pagine che ritaglia da alcuni volumi di Enciclopedia seguendo un’operazione continua per ogni foglio. Lo spazio è abitato da lettere e segni senza alcuna logica. Affronta, con i suoi gesti, una sorta di separazione, e di divenire che portano in sé un dolore da superare con la bellezza dell’opera e la profondità di un nuovo senso. La tradizione orientale è importante per la concretizzazione del suo lavoro. La mostra, proposta dalla commissione scientifica formata da Rossana Ponziani e dall’architetto Giuliana Finizio, è parte di un progetto di riflessione più articolato tra natura, arte, musica, teatro, letteratura, come contributo alla crescita culturale continua del luogo e di coloro che lo amano.