Rinnovabili, da Catania arriva una certezza: l’agrovoltaico è la chiave per rispettare gli obiettivi 2030

Catania

Un convegno organizzato dalla Tep Renewables ha riunito vari player del settore. Il metodo agrovoltaico ha fatto superare le distanze ideologiche. Ora si vada tutti spediti nella stessa direzione.

Che l’agrovoltaico sia la soluzione più armonica per integrare la produzione di energia fotovoltaica e l’utilizzo agricolo dei terreni è fuori di dubbio. Che rappresenti un sistema per implementare la produttività agricola producendo anche energia pulita è da tempo assodato. Quello che manca è la transizione culturale, l’informazione, la divulgazione. Con questo scopo la scorsa settimana, nell’ambito delle Giornate delle Energia di Catania, la Tep Renewables, guidata dal lungimirante Leonardo Montesi, ha organizzato una costruttiva tavola rotonda per parlare proprio di agrovoltaico. E lo ha fatto indovinando tempi e modi. I tempi, perché in queste settimane è in discussione non solo il Decreto semplificazioni in Parlamento, il cui perfezionamento in materia energetica sarebbe indispensabile per dare un inquadramento giuridico chiaro all’agrovoltaico, ma anche il Piano energetico regionale in Sicilia, che potrebbe rappresentare una best practice strategica sul piano nazionale.

E i modi, perché il convegno è stato un’occasione di incontro costruttivo tra decision maker e player coinvolti a vario titolo nel segmento energetico in questione. Oltre a Montesi, infatti, erano presenti Daniela Baglieri, assessore regionale all’Energia, l’on. Giorgio Assenza, consigliere regionale, primo firmatario del disegno di legge regionale sull’agrovoltaico, Alessandra Scognamiglio, coordinatrice della task force Agrovoltaico sostenibile presso Enea, Emanuele Staltari, responsabile sviluppo solare business development Italia di Enel Green Power, Enzo Romeo, di Confagricoltura Catania e il prof. Giuseppe Trombino, ordinario di Urbanistica all’università di Palermo.

Insomma, il panel giusto, nel momento giusto, per completare un’autorevole operazione di divulgazione e networking utile a creare i giusti presupposti interistituzionali per la diffusione dell’agrovoltaico.
E il risultato è stato sorprendente. Quella che fino a qualche anno fa sembrava essere diventata una relazione difficile tra energia fotovoltaica, agricoltura e paesaggio, al punto da compromettere il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’agenda 2030, adesso può essere risolta e sintetizzata grazie all’introduzione del metodo agrovoltaico. Il motivo lo aveva spiegato proprio Montesi in un’intervista esclusiva pubblicata su queste colonne, ma ha avuto modo di ricordarlo anche anche ieri: «È un modello che anziché sostituire l’agricoltura integra la generazione da fonte fotovoltaica nell’organizzazione di un’azienda agricola». In questo modo «restituisce al settore agricolo una parte da protagonista nella transizione energetica e rappresenta un potente vettore di miglioramento della prestazione economica dell’agricoltura, e quindi in ultima istanza un veicolo di rafforzamento del ruolo e del presidio produttivo che questo comparto è in grado di determinare sul territorio».

Leonardo Montesi

E se con i pannelli fotovoltaici tradizionali si toglieva spazio alle colture, causando lo scetticismo degli agricoltori, le nuove modalità di organizzazione degli impianti e le nuove proposte tecnologiche sintetizzate in brevetti all’avanguardia, su cui anche l’Enea, come spiegato dall’architetto Scognamiglio, sta concentrando le sue attenzioni, stanno anzi favorendo una notevole apertura da parte delle imprese agricole. E lo ha confermato anche Enzo Romeo di Confagricoltura Catania, con un perentorio segnale di approvazione: «Siamo assolutamente favorevoli all’agrovoltaico, perché rappresenta un coerente e concreto progetto di sostenibilità».
Questa distensione è favorita anche dall’orientamento normativo che sia Giorgio Assenza, sia Daniela Baglieri hanno riassunto e che va nella direzione di far coesistere in modo armonico tutte le esigenze. L’intenzione, infatti, è quella di regolamentare la gestione del territorio, salvaguardando le colture di pregio e le tipicità, ma andando a implementare l’agrovoltaico laddove la produttività agricola può essere addirittura migliorata dall’installazione dei sistemi agrovoltaici, oppure nei terreni incolti o abbandonati.
Insomma, ampie fasce di territorio a disposizione di un ecosistema virtuoso e sostenibile, dove l’agricoltura partecipa attivamente al processo di autodeterminazione energetica. E senza creare un impatto particolarmente negativo sul paesaggio, un problema che il prof. Trombino ha sottolineato con decisione. Ma in realtà l’agrovoltaico, grazie ai distanziamenti degli impianti e alle nuove soluzioni tecnologiche riesce a ridurre notevolmente la sua invasività. E poi c’è da considerare la proiezione nazionale, ricordata da Staltari: «Se dovessimo raggiungere gli obiettivi 2030 stimiamo che il fotovoltaico, associato a tali obiettivi, occuperebbe meno dello 0,5 del territorio nazionale».

Praticamente il modello sarebbe perfetto se la chiarezza normativa e soprattutto le procedure autorizzative fossero state definite in modo efficace e in tempi più rapidi. Ad oggi, infatti, come ricordato da Staltari di Enel Green Power «i tempi del permitting sono ancora lunghi, nella media nazionale si va da un anno e mezzo, nel migliore dei casi, per il fotovoltaico, fino a cinque anni per l’eolico. Le pratiche vanno certamente snellite». La Sicilia, come ha spiegato l’assessore Baglieri, sta lavorando in questo senso, con l’obiettivo di diventare un esempio anche per le altre regioni: «La regolamentazione che sarà presto disponibile a livello regionale introdurrà molte semplificazioni. Ma questo non significa che abbasseremo la guardia sul fronte della legalità. Vogliamo evitare che si creino mercati alternativi e questo è uno dei motivi che giustifica la nostra meticolosità normativa che ovviamente necessita di più tempo».
L’agrovoltaico, in conclusione, sembra avere tutti i requisiti per mettere tutti d’accordo. L’unico rammarico è non essersene accorti prima, perché di agrovoltaico, in realtà, si parla da una decina d’anni, ma solo adesso sta rivelando tutto il suo potenziale rivoluzionario. L’Italia, infatti, con questo passo è in ritardo sugli obiettivi energetici stabiliti dall’agenda 2030. Proprio per questo il convegno è stato utile. Perché ha favorito quel clima di cooperazione interistituzionale sui territori necessario per tentare di recuperare il tempo perso sull’agrovoltaico. L’auspicio è che se ne vedano anche di più nei prossimi mesi.

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