“L’uomo è appena venuto ad abitare la terra”, scrive Elisa Filomena. “È atterrato in un luogo sconosciuto, carico di forze di cui la natura sembra essere pienamente consapevole: un compito a lei destinato, un tormento vitale. L’uomo lentamente ne prende coscienza, si muove in paesaggi sconosciuti, in una terra senza luogo carica di necessità e meraviglia.” Così la Camera Picta di Elisa Filomena nella mostra Eden a Casa Vuota a Roma riporta l’uomo alle sue origini immergendolo nella natura. La pittura invade lo spazio della galleria lasciandoci un sapore di meraviglia e di emozione totalizzante che scaturiscono dall’avvolgere chi guarda in un mondo fatto di ninfe, dee, puttini, ma anche di donne vestite come negli anni Settanta, di cieli, di quinte teatrali. Il sapore di questa istallazione ci riporta ad un richiamo arcadico seicentesco secondo cui l’uomo doveva adeguarsi ai ritmi della natura riprendendo l’Arcadia classica: Cristina di Svezia, insieme a Raffaele Fabretti, fondano nel 1600 l’Arcadia, per l’appunto, un circolo culturale dove le scienze e le arti si rifacevano a dettami bucolici, rinascimentali e antichi.
Nasce così quel sentimento di vicinanza, classicheggiante e barocca allo stesso tempo, che va nella direzione di un afflato con il mondo naturale: non a caso le figure di Filomena sono circondate dalla natura e si ispirano al passato nella tradizione secolare che approfondisce il rapporto tra uomo e natura. Colori tenui si dipanano in rotoli di carta che quasi arrivano al soffitto e lunghi al punto di occupare tutte le pareti della galleria. La sua pittura è un continuum: non ci sono disegni preparatori per consentire la spontaneità del tratto e del risultato e tutto si svolge in un gesto che progredisce mano mano che il braccio avanza sul supporto consentendo una felicità espressiva peculiare e personale. Ci si trova di fronte ad un racconto per immagini, uno sviluppo narrativo delicato che accompagna il viaggio immaginifico nelle sale dello spazio espositivo, che crea un crescendo di sensazioni di stupore accompagnate dalla leggerezza del tratto che consente quel dar vita ad una fantasia propria di chi attraversa la Camera Picta. Tutto ciò si dipana in un tempo sospeso e circolare dove esistono vita e morte che coabitano lasciando, oltre allo stupore, una sensazione di nostalgia, nostalgia esistenziale e nostalgia per un mondo arcadico. Così l’artista riesce a trasportarci in una visione onirica, surreale, primigenia, inconscia: ciò che si cela dietro la nostra coscienza cerca di riemergere con intuizioni e suggerimenti, per lasciare spazio alla creatività di ognuno.
Elisa continua a commentare il suo lavoro: “Vi è un fiume che trasporta uomini attraverso il corso delle sue acque. Vi sono stanze segrete dove donne si riposano, amiche in confidenza che ridono dell’avvenire, volti di grandi dimensioni accostati a eteree piccole figure. Si percepisce che tutto viene da lontano, come un ricordo, un sogno o una paura profonda. Piante, vegetazioni e cieli sono dipinti con velocità e tensione emozionale, le figure albergano a volte come ombre dentro la pittura che è in questo caso è la più vera metafora dell’umanità, sempre alla ricerca di una casa”. Invece i due curatori, Sabino De Nichilo e Francesco Paolo del Re, definiscono così l’intervento site- specific nella loro galleria: “Artificio, schermo, scenografia teatrale e diorama: la pittura si mostra in tutto il suo potenziale immaginifico, sorprendente e impetuoso. Elisa Filomena immagina una dimensione incantata e ancestrale in cui l’atto del dipingere è un momento festoso di scoperta del mondo, visto con lo sguardo di chi lo vede per la prima volta: uno sguardo generatore di meraviglie”.