«L’esperienza del mistico è un’esperienza del corpo». La devozione estrema è spiegata semplicemente da Lucia Nanni, che usa come nome de plume Bubilda. Sì, non è un semplice nome d’arte perché l’artista ravennate scrive i suoi concetti con il filo, non si tratta di creazioni di immagini ma di dialoghi con il soggetto che viene ritratto. Così nasce la mostra della scorsa primavera a Forlì alla Fondazione Zoli.
Il progetto, a cura di Nadia Stefanel, si è dipanato negli spazi della Fondazione Dino Zoli in un incontro tattile con il pubblico, un incontro che si è sviluppato sulla base di una ricerca di natura storica e antropologica che si è sbrogliata su tessuto. Bubilda ha creato punti esplicativi in cui l’immagine non è dichiarativa è un rimando estremante concreto.
«Tre sono stati i punti di contatto: le foto di Charcot (i suoi studi sulle isteriche), l’iconografia religiosa, il monito di Elémire Zolla in Mistici Occidentali (il mistico non è un malato). Li ho intrecciati e indagati nel qui e ora, nel contemporaneo, nella vita delle persone. Ho preso alcune figure mistiche esemplari della religione cattolica, leggendo diari, scritti, biografie, e ho cercato di incarnarli nell’esperienza, restituendone la presenza del corpo».

È dal 2017 che si sviluppa questo progetto ed è in itinere, la scorsa mostra ha presentato circa una ventina di opere dedicate a Maria Egiziaca, Teresa d’Avila e Rosa da Lima, tre donne che hanno intessuto il loro corpo di santità, di sacrificio e martirio. Le trame di Bubilda, non sono una riflessione estetica, non si soffermano sull’armonia, la spezzano esattamente come è frammentata e distonica la vita delle sante raccontate in una decifrazione sentita e vista non grazie alla fede ma alla ricerca.
«Sono e donne che ho conosciuto e che ho scelto intuitivamente per verificare le condizioni di possibilità dell’esperienza mistica. Cosa possiamo chiamare oggi esperienza mistica? Una scelta, una malattia, un esercizio, una credenza? Ogni Annotazione, così ho chiamato le diverse fasi del lavoro, ha il suo sfondo storico, una comparazione, suoi personaggi, reali e immaginari, morti e vivi. Sono in tutto sette: tre già presentate separatamente e, per la prima volta insieme, alla Fondazione Zoli, quattro non ancora presentate ma già elaborate e quasi terminate. Il progetto verrà rilasciato lentamente pubblicamente ma ha già avuto una conclusione ideale, e mi ha portato a sperimentare diversi supporti per la mia tecnica ma anche diverse tecniche per le mie idee, sempre più multimediali: ad esempio l’Annotazione Quinta è – ma non solo – un breve documentario girato tra Lucca e Roma».
Non si tratta di creare una mostra, ma di avere una visione, di creare le fondamenta e portare avanti una costruzione sensata con un filo comune che si intreccia in più percorsi, è costruire un incontro basato sulla ricerca e sulla curiosità che cambia la prospettiva del tuo pensiero trasformandolo in un’esigenza forte di riportarlo in un racconto.
«Per la mia Annotazione Quarta mi sono recata a Senigallia: io e Marco Parollo, fonico e fotografo: volevo una registrazione audio, siamo stati un’intera giornata con Cinzia, una signora che le sue giornate le passa in chiesa. Cinzia mi prese per mano e mi disse vieni, ti porto da Gesù. Mi sono trovata davanti a una statua lignea, Cinzia mi ha presentato: guardala Gesù, lei è Lucia, ti voleva conoscere. È stata dolcissima, sembrava parlasse al figlio, e non dissimilmente faceva con Teresa di Lisieux, la sua Teresina (l’Annotazione Quarta è infatti dedicata alla figura di Teresa di Lisieux attraverso la vita di Cinzia)».
https://www.instagram.com/bubildabubilda/
Foto Miriam Dessì e Antonio Drago