Isabella Corda usa le corde da dieci anni, lega le persone, i luoghi, se stessa, il suo immaginario è sicuramente differente, ma l’attitudine al ricongiungimento con gli altri, e con il proprio sé più intimo riporta al lavoro di un’altra artista che ha usato i fili per creare matericamente l’incontro: Maria Lai e la sua opera collettiva Legarsi alla montagna.
Ovviamente, il lavoro di Isabella Corda si ricollega immediatamente al mondo giapponese, ma quest’artista, che vive e lavora a Roma, si muove su uno spirito che si ricollega alla tradizione italiana e femminile, la fiber art: il ricamo, ecco perché l’installazione realizzata nel 1981 a Ulassai è concettualmente ispirata ai legami di Isabella Corda che scopre l’artista sarda e racconta il suo stupore.

“Guardando i suoi lavori ritrovo in lei il mio desiderio di usare le corde per connettere le persone – spiega – e per lasciare una traccia nell’ambiente. Mi vengono in mente gli ultimi lavori di land art e una delle installazioni realizzate al museo MACRO di Roma nel 2019 durante la settimana di residenza RI-CORDA , quando ho legato tra loro circa venti persone”.
E’ qui che sfiliamo ogni filo della sua adolescenza, a tutti i lavoretti che faceva da piccola con la madre sarta che le ha insegnato a ricamare, usare i ferri e l’uncinetto. Con dei semplici pezzi di stoffa e stringhe di raso nascevano dei costumi nuovi per le bambole.
“Una volta ho dipinto e scarabocchiato i miei pensieri su tutta la parete della mia stanza. Mi divertivo con il découpage, la pittura su vetro, raccoglievo pietre e ferro per creare piccole opere, che poi regalavo agli amici”.
Per quest’artista la sperimentazione è continua, è l’iter perenne, ma il suo sguardo è al suo passato personale e intimo, è rivolto al nostro passato, alla cultura che si è cristallizzata nel nostro pensiero e aspetta di svilupparsi nell’incontro: appunto.

“Per me era tutto uno sperimentare ed è quello che faccio anche oggi, usando le mani per legare e intrecciare. Tu parli del ricamo: in uno dei miei spettacoli, presentato per la prima volta nel 2016, si intitola Aracne , perché è ispirato alla metamorfosi di Aracne, una ragazza così abile a tessere da scatenare la gelosia della dea Atena, che la trasforma in un ragno.
Nello spettacolo le corde formavano un’enorme ragnatela che occupava tutto lo spazio e circondava gli spettatori. Le mie corde uniscono anche le diverse forme d’arte, come nel Festival AcCordaMenti , che dalla prima edizione del 2011 connette artisti di diverse discipline”.
Le installazioni di Isabella Corda sono riconducibile nell’orizzonte della fiber art, un’arte tessile in cui anche il corpo si lega e diventa parte del materiale usato, tutte le storie di sviluppano sulla pelle che è il tramite dei pensieri mentre i tessuti diventano le sinapsi.
Il materiale usato è grezzo, povero, semplice, sono le mani della rope stylist che creano l’unione, e vanno quindi oltre dalla tecnica bondage, è per questo che diventa arte.
Il tecnicismo, anzi le diverse tecniche sono assimilate per la creazione artistica: l’immagine non è solo evocata, non c’è solo un ricordo di un’estetica, perché se fai arte devi andare oltre te stesso e anche oltre chi ti sta di fronte, è in questo processo che ci si trova.
