Inaugura oggi alla galleria Continua di San Gimignano una grande collettiva, che chiama a raccolta Moataz Nasr, Kiki Smith, José Antonio Suárez Londoño, Yoan Capote, quattro grandi artisti fino al 6 gennaio 2020. Vi raccontiamo i concept delle opere.
Con Paradise Lost, Moataz Nasr trascina lo spettatore in quello spazio liminale tra conosciuto e ignoto, identità e perdita, che caratterizza la vita umana. Spazio che è la rappresentazione del ciclo Barzakh, dove mondo occidentale e orientale si fondono in un’opera unica. Considerato tra gli artisti arabi più importanti della scena contemporanea, Nasr si muove con disinvoltura tra molteplici linguaggi artistici e problematiche di varia natura. Il suo lavoro è guidato dalla volontà di visualizzare dinamiche collettive, attraverso la registrazione di personalità singole e universali. Nella platea dell’ex cinema-teatro, Shelter, una capanna fatta di remi, si offre come punto d’approdo accogliente e transitorio. Espressione del forte legame dell’artista con la terra d’origine, ma anche del riconoscimento dell’immigrazione come condizione condivisa dagli esseri viventi guidati dall’istinto di ricerca di una vita migliore. Il video The Mountain affronta un altro istinto invece, altrettanto primitivo, ma meno conosciuto, che è quello della paura, la stessa che si trasforma in pregiudizio se diventa un sentimento collettivo.
Compass include una selezione di opere recenti e produzioni inedite di Kiki Smith. Disegni su carta di riso giapponese (kitikata) e su carta nepalese, arazzi, sculture in bronzo e in alluminio, stampe a contatto su carta fotografica di gelatina d’argento e cianotipie su foglie d’oro. Trascorsa una fase teatralmente caratterizzata dalla fisicità del corpo, a partire dalla fine degli Anni Novanta, Kiki Smith popola il suo universo di animali e piante, mentre negli ultimi anni riflette sulla vastità dell’universo e sull’anima femminile e animale, portatrici di un’armonia originaria oggi in parte perduta. Si spinge a scandagliare gli aspetti spirituali dell’essere umano, continuando ad attingere fonti di diversa origine: i testi scientifici settecenteschi, il Medioevo cristiano con i suoi bestiari fantastici e le sue storie di martiri ed eroine, la fiaba. Nei disegni che presenta a San Gimignano le donne continuano ad essere protagoniste indiscusse, come in Congregation, uno degli arazzi in mostra, dalla tecnica lunga e laboriosa.
In New Drawings 2018-2019 José Antonio Suárez Londoño per la prima volta formati di grandi dimensioni e presenta un gruppo di disegni inediti oltre a 365 disegni nati dalla lettura de The Journal of Eugene Delacroix nell’edizione Phaidon, il diario di quello che è considerato il più grande esponente della stagione romantica francese.Per l’artista colombiano il disegno è un’attività quotidiana che pratica con rigore in silenzio e solitudine. A partire dagli anni Settanta utilizzando il disegno ad acquerello, a matita, a inchiostro e l’incisione Suárez Londoño ha prodotto un ricco corpus di opere dando vita ad una sorta di inventario del mondo. Si trovano e s’incrociano riferimenti a scrittori, artisti, oggetti, canzoni, notizie, frasi popolari: i diari di Franz Kafka e Paul Klee; Le metamorfosi di Ovidio; Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk; Anelli di Saturno di W.G. Sebald; le poesie di Blaise Cendrars, Arthur Rimbaud e Patti Smith ed ancora Edgar Degas, Rembrandt, Van Rijin, Rainer Maria Rilke, Sam Shepard, Salvador Paniker e molti autori della Beat Generation.
Per la prima volta in Italia, l’artista cubano Yoan Capote presenta Sujeto Omitido. Una selezione di opere che hanno segnato l’ingresso di Yoan Capote nell’establishment artistico internazionale. Un gruppo di sculture che si ispirano principalmente a oggetti, immagini e frammenti di corpi che evocano la presenza dell’individuo nella sua dimensione locale e universale. Le differenze contestuali sono superate nella condivisione delle esperienze da parte del soggetto contemporaneo, quali migrazione, resistenza, manipolazione, stress, alienazione. In sculture come Stress, Self-portrait, Speechless, Abstinencia l’esperienza collettiva determina o amplifica le preoccupazioni individuali mentre la fisicità delle opere rinforza l’uso simbolico dei materiali, il senso di gravità e l’interazione con lo spettatore. «Quando ero bambino – racconta Capote – guardavo l’orizzonte e immaginavo il mondo al di là di esso. Il mare per i cubani rappresenta l’aspetto seduttivo di questi sogni, ma anche il pericolo e l’isolamento». I dipinti della serie Island nascono dalla riflessione su un’espressione usata durante la Guerra Fredda per indicare la separazione fra i paesi dell’Europa orientale e quelli dell’Europa occidentale, la cortina di ferro: Gli stessi confini spesso irti di filo spinato e muri con i quali Capote fa un parallelo con il ruolo del mare per i cubani. Realizzati su grandi dimensioni con ami da pesca e olio su tela i paesaggi marini di Yoan Capote sono concepiti come un’installazione progressiva: sequenza continua di uno stesso orizzonte dove ciascun quadro è un frammento che cattura un diverso momento di luce o oscurità.
Fino al 6 gennaio
Galleria Continua, San Gimignano (SI)
Info: https://www.galleriacontinua.com/exhibitions-list-pictures/current/san-gimignano