Dopo anni fortemente distopici che guardavano con sospetto e reticenza i grandi passi della tecnologia su intelligenza artificiale, machine learning e deep learning, sembrano essere arrivati oggi tempi nuovi. Ai vecchi sospetti apocalittici si sono sostituiti i dilemmi al rapporto tra l’uomo e la macchina. Algoritmi sicuri, trasparenza, questi alcuni dei punti tracciati dall’Unione Europea, che a inizio aprile ha ribadito la necessità che l’uomo abbia il pieno controllo sulla macchina.
Già, perché una volta appurati i benefici che la nostra società può trarre dalle nuove tecnologie, si è reso necessario tracciare delle linee guida etiche che possano garantirci il buon esito di un rapporto basato sulla fiducia.
Anche il mondo dell’arte, che da sempre ha guardato con curiosità al mondo della scienza, negli ultimi anni si sta concentrando sempre di più su queste tematiche. In alcuni casi sperimentando anche con successo le potenzialità degli algoritmi che portano alla nella realizzazione di progetti interessanti da diversi punti di vista, scientifici ma soprattutto concettuali. Tra le recenti iniziative proposte in Italia sul rapporto tra arte, uomo e intelligenza artificiale, c’è Re:humanism una mostra ospitata negli spazi di AlbumArte e curata da Daniela Cotimbo, che presenta fino all’11 maggio i lavori dei vincitori e finalisti della prima edizione dell’omonimo concorso lanciato a ottobre 2018 da Alan Advantage, azienda attiva da più di dieci anni nel campo dell’innovazione. A seguito di un’attenta selezione operata da artisti, critici d’arte ed esperti del settore (Alfredo Adamo, Daniela Cotimbo, Giovanni Losco, Elena Giulia Abbiatici, Giuseppe Chili, Valentina Tanni, Fabrizio Pizzuto, Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, Matteo Cremonesi e Cristina Dinello Cobianchi) sono stati scelti progetti che, con ironia e intelligenza, esplorano il tema da punti di vista anche molto diversi fra loro.
C’è, ad esempio Giang Hoang Nguyen, vincitore del concorso con The Fall, una performance e installazione multimediale nella quale l’artista simula la caduta di un robot che segue le istruzioni di una voce fuori campo. «È significativo – spiega la curatrice – come abbia ottenuto il primo premio un artista che non si è servito di nessun algoritmo, ma che ha sviluppato una riflessione sul tema, che era proprio quello che il concorso richiedeva». L’artista si adagia in ginocchio munito di casco e ginocchiere verso un futuro che non sappiamo se sarà segnato dal progresso o dal fallimento. Ancora il trio Albert Barqué-Duran, Mario Klingemann, Marc Marzenit con My Artificial Muse lavora sul tema tradizionale della musa ispiratrice, cercando di capire come l’intelligenza artificiale possa collaborare con l’essere umano nei processi artistici e creativi. Di natura olfattiva è invece il progetto di Michele Tiberio in collaborazione con Diletta Tonatto, Me, My scent, i quali hanno realizzato un profumo basato sull’identità digitale dell’artista, grazie ai dati sull’artista raccolti da un algoritmo. Sempre a un database di immagini attinge il progetto A Brief History of Western Cultural Production di Adam Basanta, che raccoglie monete europee antiche, provenienti dalla collezione del MET, che riportano sulle facce visi di governanti, per poi riunirle attraverso un software in un’unica stampa originale. Complessità, di Enrica Beccalli in collaborazione con Roula Gholmieh, indaga invece il potenziale della tecnologia nel modificare il corpo umano. La mostra presenta un’anteprima video della performance che sarà realizzata a ottobre nell’ambito della sezione DigitalLive del Romaeuropa Festival 2019, in cui, attraverso un dispositivo indossabile, i movimenti dei ballerini saranno sincronizzanti ai movimenti di uno stormo di uccelli simulato dall’algoritmo stesso. Ancora c’è Lorem con Adversarial Feelings: 1-5: Latent Selves, progetto musicale e multidisciplinare realizzato grazie alla partecipazione di artisti, designer e ricercatori, che consiste nel creare una macchina per simulare emozioni umane complesse a partire da dataset emozionali, classificati secondo la “Wheel of Emotions” di Robert Plutchik.
Anche quello di Enrico Boccioletti è un lavoro sull’empatia. Per Devenir-fantôme gli è stata riservata una sala oscura, servita anche da teatro per una performance realizzata nel giorno dell’inaugurazione. Attraverso la sintesi vocale e la composizione algoritmica, Boccioletti evoca la percezione delle emozioni umane, con un risultato per la maggior parte delle volte straniante. Il lavoro Grammar #1 di Antonio “Creo” Daniele è di natura interattiva. Lo spettatore è chiamato a indovinare quali dei segni e disegni presentati sono stati realizzati dalla macchina e quali dall’artista. Tutt’altro che interattivo è Urge Oggi di Daniele Spanò, che rende noioso e ripetitivo un gioco, quello della morra, ripetuto all’infinito da un’intelligenza artificiale, portandoci a riflettere su quale possa essere l’approccio della macchina al divertimento. Infine Guido Segni ha presentato al concorso un progetto che sta portando avanti dal 2018 e che proseguirà per altri cinque anni, Demand full laziness, today. A five year-plan for the dull automation of the art production. Servendosi di algoritmi di deep learning, l’artista demanda e automatizza parte dei suoi prodotti artistici per dedicarsi all’ozio e al tempo libero. Si tratta di un progetto interessante sul rapporto tra lavoro, automazione e riposo che in quest’epoca risulta particolarmente significativo.
Dal 16 aprile all’11 maggio, info: www.albumarte.org/rehumanism