Helen Frankenthaler, la mostra

Roma

Una bugia, un inganno. Questa è la verità della pittura secondo Helen Frankenthaler (1928-2011). Se la superficie della tela è piatta, lo spazio si estende oltre i limiti fisici della cornice. Se i singoli elementi della linea, del colore, delle forme e dello spazio significano per sé e si relazionano con tutto ciò che accade all’interno dei quattro lati del dipinto, le linee reali dell’orizzonte – riflette sempre l’artista – mutano e sono in parte visibili, in parte nascoste. «Non guardo la natura o il paesaggio marino, ma il disegno all’interno della natura – proprio come il sole o la luna possono essere cerchi o luce e oscurità» scrive nel 1988. Quella di Frankenthaler è una pittura di segni astratti che si rifà al paesaggio, che trae ispirazione dal movimento delle maree, dalla concretezza della realtà che osserva dalla sua casa a Shippan Point vicino a Stamford, nel Connecticut, affacciata sulle acque del Long Island Sound, dove si trasferisce nell’estate del 1974. E una mostra di 11 grandi tele di Frankenthaler in cui si manifesta questo connubio tra linguaggio astratto e osservazione del mondo fisico, e che percorre un decennio di cambiamento nella sua ricerca fin da quell’estate del 1974, è ospitata alla Gagosian Gallery di Roma fino al 19 luglio. Sea Change: A Decade of Paintings, 1974-1983, curata da John Elderfield, mescola gli anni, alterna dipinti in cui prevale la superficie a quelli dove grumi di colore vi galleggiano sopra densi e corposi, quelli nei quali predominano i colori caldi su uno strato di cromia diafana, e quelli in cui il pigmento si fa più scuro e il campo più compatto. L’artista fa uso della tecnica soak-stain: lavora versando la vernice diluita direttamente sulla tela grezza stesa a terra, dipingendo da ogni lato per creare campi sospesi di colore trasparente, così da fondere tela e colore e ampliare le possibilità della pittura astratta.

Tunis II (1978), che accoglie lo spettatore all’ingresso, è imponente. Di 241,3 x 290,8 centimetri, richiama Dream Walk Red, la tela che, realizzata nello stesso anno e di 149,9 x 262,9 centimetri, si trova in posizione centrale nel grande spazio espositivo circolare della Gagosian e per prima intercetta lo sguardo al piano superiore. Questi quadri ambientali, caratterizzati da cromie calde che vanno dal rosso scuro al rosa, dal cremisi alla terra di Siena fino al rosso scarlatto, sono le prime realizzate in questo nuovo periodo di sperimentazione e innescano nel visitatore quel meccanismo cognitivo attraverso il quale penetrare all’interno dell’universo composito e rarefatto di Frankenthaler. Gli ampi panorami, l’oceano e i nuovi paesaggi osservati a Shippan Point entrano in collisione con la sua pittura astratta, e sulla tela prende corpo una complessità inedita: Frankenthaler giunge a esiti di ricerca nuovi e stratificati che in questi pochi anni raggiungono risultati differenti. Per esempio in Ocean Drive West#1 (1974), che rimanda esplicitamente all’oceano, i colori rimangono piani in superficie formando delle bande orizzontali fluttuanti su un’ampia distesa azzurra trasparente. In Jupiter (1976) e in Reflection (1977) l’artista rievoca terra e acqua attraverso il contrasto tra cromie calde e fredde, e le pennellate verticali, dense, sembrano come essere sul punto di dissolversi. Tra il 1979 e il 1980 realizza Feather, Omen e Shippan Point: Twilight, dipinti caratterizzati da grumi di colore in contrasto con quello che domina lo sfondo. Queste tele preannunciano Tumbleweed (1982), la più recente in mostra: un campo verde luminoso, compatto e spesso, trasforma il fluido monocromo blu di Ocean Drive West#1 in superficie solida su cui galleggiano queste dense configurazioni di materia pittorica e in cui i valori atmosferici sono sostituiti da riferimenti alla terraferma.

Afferma Frankenthaler: «Disegna sull’intera superficie e al suo interno, colorane alcune parti e trasformala in una specie di mare». E Sea Change è una mostra che, seguendo un criterio allestivo non cronologico, consente al fruitore di immergersi in questa sospensione priva di uno svolgimento temporale. L’ovale stesso dello spazio espositivo porta lo spettatore in una dimensione altra, priva di riferimenti concettuali, fisici e visivi concreti. E all’improvviso, durante il percorso, il linguaggio dell’artista si apre, i segni diventano comprensibili, le forme intellegibili.

Sea Change è la quinta mostra presentata alla Gagosian dal 2013 e precede l’esposizione che aprirà il 7 maggio a Palazzo Grimani durante la Biennale di Venezia (Pittura/Panorama: Paintings by Helen Frankenthaler, 1952-1992).

Fino al 19 luglio; Gagosian Gallery; via Francesco Crispi 16, Roma; info: gagosian.com