Una piccola bomboniera nel cuore di Villa Borghese dove lasciarsi incantare dalle opere dei più grandi artisti del Novecento: da Giorgio de Chirico a Giacomo Balla, da Gino Severini a Andy Warhol, Giacomo Manzù e tanti altri. Questo è sempre stato il Museo Carlo Bilotti che dal 2006 ha trasformato l’Aranciera di Villa Borghese, fino ad allora lasciata in uno stato di degrado, in un interessante Museo d’arte contemporanea in cui ammirare, oltre a interessanti mostre temporanee, i dipinti, le sculture e gli acquerelli della collezione donata dall’imprenditore e collezionista calabroamericano Carlo Bilotti, raccolte personalmente in anni di frequentazione e amicizia con gli artisti più significativi della nostra epoca.
La sua collocazione, a due passi dal Globe Theatre, però, quest’autunno potrebbe averla decisamente penalizzata. A seguito di una bomba d’acqua che ha colpito a fine settembre l’intera Capitale, causando inondazioni e stragi di alberi in tutte le zone più verdi della città, il Museo infatti ha subito dei gravissimi danni che, ancora oggi, non sembrano essere stati risolti.
Tutto il piano dedicato a Giorgio de Chirico, la parte decisamente più importante della collezione, è chiusa a causa di danneggiamento del parquet della sala mentre rimane visitabile la zona dedicata a Giacono Balla.
Che i musei Capitolini non vivano di ottima salute, e che il Comune di Roma abbia difficoltà a risolvere tempestivamente la situazione, purtroppo è cosa nota, basti pensare allo stato di abbandono e cattiva gestione di tanti altri spazi capitolini: dalla Pelanda del ex Mattatoio, lasciato in uno stato di degrado con muffe e infiltrazioni evidenti in tutte le sale, allo stesso Macro di via Nizza che porta ancora le tracce del terremoto del centro Italia di qualche anno fa.
Quello che fa notizia però, nel caso del Bilotti, è altro: la donazione da parte della famiglia del collezionista aveva una condizione che doveva essere garantita. La fruizione delle opere da parte del pubblico, condizione che, in caso di inadempienza nel donatario, prevede la risoluzione del contratto. Risoluzione che in questo caso comporterebbe il rientro negli Stati Uniti di tutte le opere donate al museo causando gravi danni culturali, scientifici ed economici a Roma e all’Italia.
La replica del Comune è stata affidata al sovrintendente capitolino ai Beni culturali Claudio Parisi Presicce: «Contavamo sui finanziamenti dell’inizio del 2019 – si giustifica su Repubblica, dove si spiega che la famiglia si sta già muovendo con i propri legali per riprendersi le opere – ma per ragioni di priorità adesso non possiamo fare i lavori ma nel giro di qualche settimana sistemeremo la moquette e riapriremo la sala». Ma c’è da immaginarsi che i tempi saranno ulteriormente rallentati dal passaggio di testimone in atto, da Parisi Presicce a Maria Vittoria Clarelli Marini, sua sostituta in pectore, che si troverà a dover gestire non poche grane riguardanti la manutenzione del complesso patrimonio museale romano.