Dopo la grande retrospettiva dedicata a Luigi Ghirri dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, i celebri scatti dell’artista emiliano arrivano al Jeu de Paume a Parigi. La mostra è incentrata sull’attività di Ghirri degli anni Settanta, un decennio in cui il fotografo realizzò un corpus di immagini a colori senza pari in quell’epoca in Europa. Geometra di formazione, Ghirri ha iniziato nei primi anni ’70 a fotografare strade, piazze e periferie di Modena, ponendo sul mondo esterno uno sguardo attento e registrando, senza alcun giudizio, i segni apportati dall’uomo nel paesaggio. «Mi interessa l’architettura effimera – diceva – l’universo della provincia, oggetti considerati di cattivo gusto, kitsch, ma che, per me, non lo sono mai stati. Oggetti carichi di desideri, sogni, ricordi collettivi […] finestre, specchi, stelle, palme, atlanti, globi, libri, musei e esseri umani visti dall’immagine». Alla fine del decennio, Ghirri ha accumulato migliaia di punti di vista e sviluppato uno stile singolare e una complessa cornice concettuale per presentare il suo lavoro. Questo primo decennio culmina con due punti salienti: la pubblicazione, nel 1978, di Kodachrome, un’opera fotografica davvero eccezionale, e una grande mostra, Vera Fotografia, che si tiene nel 1979 presso il centro espositivo dell’Università di Parma, organizzato da Arturo Carlo Quintavalle e Massimo Mussini e che, attraverso quattordici progetti e temi, ripercorre il modo di pensare e di agire specifico del fotografo. Luigi Ghirri ha un fascino immortale nelle sue rappresentazioni del mondo, con riproduzioni, immagini, poster, modelli e mappe, e con il modo in cui queste rappresentazioni si inseriscono nel mondo, come segni all’interno della città o del paesaggio.