Barkat, After the Tribes

Per celebrare i 70 anni dell’indipendenza, l’ambasciata israeliana ha scelto l’arte, e in particolare ha scelto Beverly Barkat. Sudafricana di nascita ed emigrata da giovane in Israele, Beverly presenta oggi a Roma After the Tribes, installazione site specific curata da Giorgia Calò col supporto di Nomas Foundation su invito del Polo Museale del Lazio, fino al 31 dicembre. Dopo il successo di Evocative Surfaces al Museo di Palazzo Grimani durante la scorsa Biennale d’Arte di Venezia, l’artista torna nello splendido Salone delle Vedute del Museo Boncompagni Ludovisi. In un’epoca in cui i concetti di origine e religione sembrano essere snaturati e frammentati nella vastità della scena storica, After the Tribes ripercorre il tempo millenario dell’Antico Testamento e indaga le radici più profonde di una nazione, quella ebraica. ”Chi sono io come ebrea, chi sono io come israeliana, chi sono io come immigrata, tutto ciò si ritrova dentro il mio lavoro”.

Beverly ha deciso di portare in questa villa novecentesca le 12 tribù dalle quali discende il suo popolo. Ognuna di esse si distingueva per una specifica trama cromatica, riproposta sugli stendardi e sulle pietre preziose che decoravano i pettorali dei Sacerdoti. L’artista è partita dalla materia: lanciatasi in un complesso processo di ricerca e catalogazione, ha raccolto sabbia, pietre stratificate o semi-preziose, conchiglie, roccia e argilla nelle caverne, nel deserto e nel mare della propria terra. Da queste sostanze ha estratto i pigmenti con cui ha dato vita, tramite un lavoro quasi alchemico, alle tribù, ciascuna racchiusa in un mondo sferico di pvc, ”mediante il suo inconfondibile gesto pittorico – spiega Giorgia Calò – che trae ispirazione tanto dalla tradizione classica, quanto dai movimenti dell’arte moderna come l’Espressionismo Astratto”. L’idea è che ogni tribù sia un pianeta, unico e irripetibile, ma che tutti loro insieme formino un sistema che li tiene irrimediabilmente legati. Imponente, alta quattro metri, l’architettura metallica sorregge e protegge questi 12 corpi celesti, racchiudendo in un universo olistico le differenze e specificità del popolo ebraico, un monito a non dimenticare la discendenza condivisa. Riferimenti materici, cartografici, cabalistici e simbolici trasformano After the Tribes in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo. Un’opera che dialoga con lo spazio con il suo peso specifico che la tiene ancorata al suolo e la sua altezza che la slancia verso il cielo, mentre danza con la geometria degli interni del museo; ma anche con il tempo, mettendo in comunicazione secoli distanti e oltrepassando confini e barriere culturali, storiche e sociali.

Qui la nostra intervista all’artista

Fino al 31 Dicembre 2018, Ingresso libero, 9.30 – 19.00, chiuso il lunedì

 

 

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